La decadenza dell’Occidente passa attraverso il politicamente corretto, il Luigi 14, la revisione delle favole, la cultura estremizzata della sicurezza, la pretesa dell’immortalità, la burocratizzazione, la responsabilità al di fuori della ragionevolezza. E si potrebbe andare avanti, ad esempio l’abolizione del padre e della madre sostituiti con genitore 1 e genitore 2 che fa tanto George Orwell.
Da nativo ligure, quando avevo sei o sette anni, mio padre mi mandava talvolta in edicola comprare il quotidiano genovese più popolare, Il Secolo XIX, così chiamato perché fondato nel XIX secolo. Io, che ero un bambinetto di seconda o terza elementare e certe cose non le avevo ancora studiate, chiedevo con gran ridere dell’edicolante “Il Secolo Csics”, perché così traducevo nel mio linguaggio infantile quella scritta, due X e una I. Pare che Mike Bongiorno una volta in televisione lesse “Pio Ics” invece di “Pio X”, ma lui, ormai è appurato, era un divertente furbacchione che faceva certi scherzetti fingendosi un tardone quando invece era un uomo estremamente intelligente.
Per la direttrice del Museo Carnavalet di Parigi, importante museo che racconta la storia della capitale francese, Noémi Girard, siamo invece tutti bambini di sei anni, tutti dei Mike Bongiorno, insomma, per dirla alla Sgarbi, delle capre. Ha infatti cambiato tutti i numeri latini che appaiono nel museo in numeri arabi (o si tratta di un tentativo di infiltrazione jihadista?). Spariscono le “X” e le “V” per indicare i secoli o il numero che identificava i re, ad esempio Luigi XIV diventa Luigi 14 e Enrico VIII è adesso Enrico 8, come un giocatore di calcio, come CR7, Ronaldo maglietta 7. Se a Parigi nel museo si distribuisse il quotidiano genovese non c’è dubbio che lo farebbe diventare “Il Secolo 19”. I numeri romani possono diventare un ostacolo alla comprensione, ha detto.
In realtà lo aveva già fatto il Louvre qualche anno fa, forse il museo più importante del mondo, salvando però la numerazione almeno dei re. Al Carnavalet invece si fa anche di più, si riducono le didascalie che illustrano quadri e statue a non più di 1500 parole (tra i 1.000 e i 1.500 caratteri per gli adulti e non oltre i 500 caratteri per quelli specificamente rivolti ai bambini), come un messaggio di Twitter, perché se troppo lunghe la gente si stufa e passa vanti.
E’ ovvio che i numeri romani avessero un preciso significato storico, in quanto, volendo o no, la cultura romana ha avuto un peso enorme nello sviluppo della società occidentale, e gli antichi ne erano ben consapevoli, così come anche i capi della Chiesa cattolica che hanno anche loro seguito quella numerazione: Benedetto XVI, e non Benedetto 16. Sciocchezze? Non proprio, se la professoressa pensa che invece di far fare uno sforzo alla gente preferisce abbassare il livello educativo, appiattendo tutto alla banalità, a acqua fresca, cancellando secoli di storia. E’ la decadenza dell’Occidente, bellezza.