Il 25 settembre si avvicina. È il tempo, quindi, di individuare i candidati “giusti” per sconfiggere i “nemici” elettorali nelle urne. Dovrebbe essere, tuttavia, anche il tempo dei contenuti, e dei programmi, con i quali i partiti si propongono ai cittadini. Certamente tra i temi principali vi sarà il destino del Reddito di cittadinanza fortemente voluto, nella legislatura che si sta chiudendo, dai 5 stelle.
Ad esempio, secondo Giorgia Meloni, la leader che sembra favorita dai sondaggi, il Reddito di cittadinanza è stato un fallimento totale, nonostante abbia avuto per lo Stato un costo esorbitante pari a circa 9 miliardi di euro l’anno. Si sostiene, contrariamente, in un video su Facebook che i Fratelli d’Italia sono pronti a combattere la povertà investendo sul lavoro e non su questo tipo di misure. Si sostiene, inoltre, che il Reddito di cittadinanza abbia favorito anche criminali, mafiosi e spacciatori e non i “veri” poveri.
Per la leader della destra, insomma, il Reddito di cittadinanza ha fallito sia come strumento di lotta alla povertà, che doveva essere abolita, e invece, si sostiene, ha raggiunto i massimi storici, e sia come misura di politica attiva del lavoro, visto che pochissimi dei percettori coinvolti in questi percorsi di orientamento e riqualificazione sono stati, alla fine, assunti e hanno trovato un lavoro dignitoso.
Le risorse per le politiche attive andavano, secondo la Meloni, usate per aiutare le imprese ad assumere.
Uno Stato “giusto”, in questa prospettiva, non dovrebbe mettere sullo stesso piano chi può lavorare e chi non può farlo. Non si nega, infatti, la necessità di uno strumento di tutela che serva per chi non è in condizione di lavorare: over 60, disabili, famiglie senza reddito che hanno minori a carico. Ma per gli altri quello che si propone è investire in formazione e negli strumenti necessari a favorire le assunzioni.
Il lavoro “vero” rimane, quindi, il principale, se non l’unico, modo di combattere e abolire la povertà consentendo a chi è in una condizione difficile di vita e lavoro di migliorarla.
Questo non si fa, secondo la leader della destra italiana, mantenendo le persone nello stesso “status” nel quale si trovano, ma consentendo loro di avere un lavoro, dignitoso e ben retribuito, che possa aiutarle a crescere indipendentemente dalla background, economico e sociale, da quale provengono.
Oltre gli slogan sembra, tuttavia, esserci la consapevolezza di dover mettere in campo misure nuove e adeguate per aiutare i più deboli a rientrare, principalmente attraverso il lavoro, nella società attiva partendo da una riflessione, auspicabilmente non ideologica, su quanto già realizzato nel nostro Paese e, soprattutto, nei Paesi europei più avanzati. I poveri, e i loro problemi, infatti, non scompariranno, improvvisamente, il 26 settembre.
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