Come prendere un bicchier d’acqua. Quel che sgomenta delle nuove linee guida sulla tristemente nota Ru486, o pillola abortiva, è la banalizzazione di un gesto che riguarda il corpo delle donne, sì, ma anche qualcos’altro: non osi chiamarlo vita? Non sai che nome dargli, embrione è ancora troppo simile a un bambino. Gli osanna alla raggiunta libertà di scelta delle donne coprono qualsiasi tormento, qualsiasi sospetto che non si tratti di cosa buona e giusta: perché non ci devono essere dubbi o sospetti, dev’essere diffusa e radicata la concezione di uomo uguale cosa, la mentalità individualista e narcisista per cui ogni desiderio è diritto, la riduzione della persona a strumento, pezzo di ricambio, soggetta all’istinto o alle pulsioni di un attimo.



Il dubbio, signori miei, categoria che proprio i seguaci della ragion pura ergono a metro di ogni scelta o legge, spazzato via. E la retorica insopportabile delle pasdaran di un femminismo d’antan, ricche intellettuali e parlamentari che senza ideologia non trovano ragion d’essere, utilizza la parola “donne” come una categoria, impedendo con il disprezzo e le accuse ogni dissenso: le donne chiedono, le donne vogliono, le donne. Non io, tu, lei. Io sono donna, e non voglio.



Forse la ragazzina sventata che crede libertà concedersi al primo amore avrebbe tempo per riflettere, se le fosse chiesto di andare in un consultorio, in un ospedale, farsi ricoverare, sapere quel che sta facendo. Si chiama responsabilità, ed è proprio quel che si vuol cancellare. Forse la donna povera che crede di non farcela a crescere un altro bambino potrebbe essere accudita, sostenuta, e qualunque sua scelta non la farebbe da sola, attendendo il responso del water. Sì, una pillola, come per un mal di testa, poi un’altra, come per i mal di testa più ostinati, e una terza. Chi di noi non ha mai preso tre pastigliette. Farà un po’ male, silenzio. Farà un po’ male forse alla testa, al cuore; silenzio. Urla invece, per il refrain sugli aborti clandestini che è un evergreen, come se non fosse la cosa più semplice del mondo abortire in tutta sicurezza, in tutto il territorio nazionale.



Compili un foglio, spesso anticipano la tua scelta, suggerendoti l’aborto come via più pratica. Qui sì che bisognerebbe applicare in toto le disposizioni della 194, che si chiamava, ahimè, a tutela della maternità. Chi non si rivolge a un ospedale ma a qualche novella mammana sono solo ragazze straniere, che temono la violenza dei loro padri e fratelli e mariti. Cercano il segreto, e compiacenti santone che praticano aborti come infibulazioni. Non andranno a chiedere la pillola abortiva, mai.

Poi ci sono le urla contro i medici obiettori: lo scopo è estirparne il diritto, naturalmente, ma è più efficace il vittimismo di chi deve vagare di ospedale in ospedale per trovare un generoso che pratichi aborti senza sensi di colpa. Menzogne, si sa benissimo in che struttura rivolgersi, i consultori e i medici di base lo sanno. Ci sarebbero poi alcune eventuali, di cui è scomodo parlare: i rischi per la salute, certificati da dati statistici di scuola, in paesi dove la Ru486 si deglutisce da un po’. Ma nessun ragazzo ha mai smesso di drogarsi o ubriacarsi con gli allarmi sul “fa male”.

Ci sarebbe il dramma di chi, emarginato, misero, senza appoggi, senza una vera casa con un minimo d’igiene, dovrà in solitudine vivere il prezzo di una notte di sesso un po’ avventata. Ma tanto, dei poveri e degli immigrati se ne parla solo per propaganda a fini elettorali, una volta chiusi da qualche parte o spostati di regione in regione poi sono affari loro, e dei cittadini.

Ci sarebbe da discutere su disposizioni di legge emanate in pieno agosto, in piena crisi economica, in piena debolezza politica, leggi certo non in cima alle richieste dei cittadini. Ma anche qui, c’è chi è andato al governo con la lista della spesa, e ottusamente la spunta. C’è chi da decenni usa certe chiavi ideologiche e appena è al governo ne infila una, metodicamente, vantandosi di un progresso in più. È la sinistra, bellezza: stupisce che per almeno metà sia erede di una storia, una tradizione cattolica, e che nessuno mostri almeno un po’ di disagio tra leader ed ex leader cresciuti nei campi scout e parrocchiali. A meno che non abbiamo imparato nulla, e anche solo il pensiero fa male, perché il primato della vita non va soggetto ad opinioni, non si è “adulti” se lo si nega.

Ma soprattutto, per i nostri figli: vogliamo che un atto d’amore sia ridotto al più spiccio “una botta e via”? Altro che le rivendicazioni sul corpo delle donne. Davvero vogliamo che i nostri figli possano far sesso – non si dica più fare all’amore, espressione troppo nobile – senza pensare, senza rispondere, senza essere uomini e donne maturi? Un esercizio fisico. E quando ti sloghi una caviglia correndo, ti metti una crema e una benda. E riparti. La banalizzazione del sesso, della vita. La banalità del male.