La Nuova Zelanda apre all’aborto fino al nono mese. E chiude alla vita. Perché neanche i pur ipocriti distinguo sull’inizio della vita sono razionalmente accettabili con un bimbo pronto a venire alla luce: che si tratti di vita, solo un folle potrebbe negarlo. E un assassino, e di assassinio bisognerà parlare. Lo è sempre, se è vero che la vita si forma dall’incontro di due cellule con la fecondazione, ma ammetterete che fa più effetto pensare di sopprimere un essere formato, da quando cioè gli ascoltiamo battere il cuore, lo vediamo gironzolare in placenta muovendo braccia e piedini, ammiriamo il crearsi lento ma caparbio di tutti gli organi, ben visibili a una semplice ecografia.



Anche i più scettici e opportunisti dal terzo mese non possono cancellare la parola “bambino”, assolversi riferendosi al ben noto “grumo di cellule”. Al nono mese è la stessa cosa, sempre di bambino si tratta, ma c’è qualcosa di più mostruoso nella distorsione delle nostre coscienze e delle legislazioni che le coscienze malvagie e bugiarde possono stabilire. Devono ammettere che un figlio è un oggetto, che si può volere o no, costruire a piacimento, programmare, cancellare, svendere, commerciare, come si fa nientemeno che con un’automobile.



Che in Nuova Zelanda una possibile proposta di legge in tal senso venga definita “liberista” mi indigna, che nemmeno la radice della parola libertà può essere nominata, quando si nega la vita. Che la Nuova Zelanda diventi il primo paese al mondo con una legislazione così disumana proprio ora che ha una premier laburista e donna, Jacinta Ardern, la dice lunga sulla retorica con cui si attribuisce da sempre alla sinistra e alle donne una maggior sensibilità per i diritti civili, per la solidarietà, l’accoglienza e bla bla. Balle. Le donne sanno essere le peggiori nemiche della propria essenza, e dicano pure che la maternità non è naturale e consustanziale al proprio essere, mentono (si può e deve essere madri anche senza generare, ovviamente; è proprio del femminile, piaccia o no).



Ora, parafrasando un celebre inno al coraggio, verrà il giorno in cui dimenticheremo la verità sull’uomo e lasceremo che le persone vengano trattate come strumenti: ma non è questo il giorno. Verrà il giorno in cui cancelleremo la nostra anima, la nostra ragione… “in cui il coraggio degli uomini cederà… ci sarà l’ora dei lupi quando l’era degli uomini arriverà al crollo, ma non è questo il giorno! Oggi combattiamo, per tutto ciò che riteniamo caro su questa bella terra. Resistere, uomini dell’Ovest”. Ricordando di che cultura siamo figli. “Ci alzeremo in piedi, ogni volta che la vita umana viene minacciata, ogni volta che la sacralità della vita viene attaccata prima della nascita e grideremo che ogni bambino è un dono unico e irripetibile di Dio” (Giovanni Paolo II).

Siamo ancora capaci di questo grido? O è più facile e comodo tacere, sospirare, rassegnati e complici?