L’OPA (Osservatorio Permanente sull’Aborto), sorto da alcuni anni, è composto da medici, giuristi ed economisti che conducono studi e ricerche sull’aborto e le sue conseguenze. I risultati vengono messi a disposizione del Governo e delle autorità sanitarie, nell’interesse della salute sessuale e riproduttiva delle donne e di tutti i soggetti coinvolti nella procedura abortiva. Con l’OPA collaborano enti, ricercatori e professionisti competenti, interessati ai temi di cui si occupa l’Osservatorio, con il compito di sostenere con dati certi le relazioni annuali al parlamento dei ministri della Salute e della Giustizia sull’andamento della 194.
Qualsiasi scelta politica merita una seria valutazione per correggerne o migliorarne l’efficacia e la ricaduta sul bene comune. Quanto all’aborto, poi, la questione è di enorme rilevanza per le donne, per tutti i soggetti coinvolti e per l’intera società.
Lo studio e l’analisi dei dati dell’OPA si sono resi necessari perché, nonostante l’articolo 16 della legge 194 preveda una regolare raccolta di informazioni sull’applicazione della normativa, le relazioni annuali in passato sono state spesso superficiali e lacunose. Le politiche sanitarie, comprese quelle che riguardano la salute sessuale e riproduttiva, devono invece essere oggetto di esame serio e di critica costruttiva nell’interesse del diritto fondamentale alla salute (art. 32 Cost.). L’OPA contribuisce a creare una riflessione e un dialogo pacato e costruttivo su una tematica che coinvolge in modo importante la gestione della sanità pubblica, mentre troppo spesso appare divisiva, ideologicamente impattante e scarsamente efficace sotto il profilo della tutela della salute.
I dati del Terzo Rapporto OPA
Il Terzo Rapporto OPA 2024 copre un arco di tempo che va dal 1978 al 2022 e verte soprattutto sui costi dell’aborto e i suoi effetti sulla salute delle donne; in continuità con il lavoro dei rapporti precedenti, li aggiorna fino al 2022. Tra il 1978 e il 2022, in Italia si sono registrati quasi 6 milioni di aborti, con una diminuzione annuale dovuta al calo della popolazione femminile in età fertile. Tuttavia, il tasso di abortività è in crescita, e il rapporto evidenzia un aumento degli aborti clandestini, favoriti dall’uso di sostanze off-label e dalla propaganda “aborto-fai-da-te”, soprattutto tra le più giovani. Il costo complessivo dell’aborto legale fino al 2022 è stato di circa 7,3 miliardi di euro, con un costo annuale di 56 milioni di euro, a cui si aggiungono 15,7 milioni per l’uso della pillola del giorno dopo. A parità di percorso abortivo si possono osservare tra le Regioni variazioni piuttosto significative nel costo standard, sia per l’aborto chirurgico che per quello farmacologico. Il costo medio oscilla, per ciascun aborto, tra 762 euro nel caso della stima minima e 1.140 nella stima massima, con una media di 893 euro. Il Rapporto sottolinea il crescente uso dell’aborto farmacologico, che nonostante riduca il costo per singolo aborto, comporta maggiori complicazioni rispetto a quello chirurgico. Al di là degli indicatori economici, indubbiamente interessanti, il Rapporto sostiene che, contrariamente a quanto previsto fin dal 1978, la legalizzazione dell’aborto non ha ridotto la mortalità femminile legata agli aborti clandestini e non ha eliminato l’aborto clandestino.
Il gruppo di ricerca ha approfondito una serie di conseguenze connesse alla diffusione della pratica dell’aborto volontario che generano costi per la società e vanno oltre gli oneri finanziari di applicazione della legge. Sono costi che si aggiungono alle complicanze post-aborto rilevate dall’Istat, anche perché si presentano nelle gravidanze successive, con conseguenze fisiche e psichiche a lungo termine di cui non è possibile una quantificazione monetaria, perché i dati non sono stati mai resi pubblici nonostante la loro indubbia esistenza, mentre dovrebbero essere presi in considerazione per una valutazione completa degli oneri finanziari della legge 194. Si tratta di costi sociali con un serio risvolto economico.
Per comprendere l’evoluzione nel tempo dei costi complessivi dell’aborto, il Rapporto OPA segnala, tra gli altri, due fattori: il passaggio, iniziato recentemente e ancora in atto, dall’aborto chirurgico all’aborto farmacologico e l’evoluzione della pratica diagnostica pre-natale. L’aborto farmacologico, soprattutto quando avviene al di fuori delle strutture ospedaliere, ha un costo minore, ma presenta rischi a volte maggiori di quelli dell’aborto chirurgico. Rischi che si identificano con nuove patologie che comportano costi aggiuntivi e mettono seriamente in discussione la ratio economica, oltre a quella sanitaria, della diffusione dell’aborto farmacologico.
L’aborto farmacologico sembra conservare un aspetto di maggiore discrezione e discrezionalità, ma proprio per questo può comportare un rischio maggiore per chi nell’abortire vorrebbe mantenere un totale anonimato, come spesso accade alle più giovani. A tal punto che il portale “Women on Web” spedisce pillole per l’aborto in tutto il mondo e suggerisce esplicitamente alle donne: “Non dire allo staff medico che hai cercato di indurre un aborto, puoi dire loro che hai avuto un aborto spontaneo”; oppure “I sintomi di un aborto spontaneo e di un aborto con le pillole sono esattamente gli stessi”. E sottolinea come in questi casi le donne possano nascondere l’aborto anche ai familiari, spacciandolo per mestruazioni molto dolorose. Una strana operazione di marketing dell’aborto, perché mentre fa leva sulla libertà di scelta e sull’autonomia di acquisto dei farmaci, sottolinea il senso di colpa e di vergogna delle figlie. L’aborto appare come cosa da tener nascosta anche in famiglia dove le donne, soprattutto le più giovani, dovrebbero trovare accoglienza e comprensione.
Il Rapporto analizza anche una seconda causa di variazione economica: il sempre più frequente ricorso alla pratica diagnostica prenatale, con tecniche di screening via via più sofisticate per l’individuazione delle anomalie genetiche più diffuse. L’individuazione di anomalie genetiche e altre patologie del bambino è il presupposto per una più efficace cura dei bambini che ne sono affetti fin dalle fasi più precoci della loro esistenza. Tuttavia, quando non è sostenuta da interventi specifici a tutela della vita del bambino con una presa in carico precoce, può trasformarsi in una pratica eugenetica dell’aborto, con la motivazione del rischio per la salute psichica della madre. La diagnosi prenatale non deve diventare una giustificazione per ricorrere all’aborto anche a gravidanza inoltrata. Esiste una prospettiva positiva: la possibilità di utilizzare tali metodiche per il bene della madre e del bambino, attraverso il superamento di dubbi e timori, mediante procedure mediche diagnostiche e terapeutiche sempre più evolute.
In conclusione
Il terzo Rapporto OPA, dal titolo quanto mai suggestivo “Tra indifferenza e clandestinità”, prova a quantificare, attraverso una rigorosa analisi dei primi quarant’anni di applicazione della legge 194, il costo finanziario – peraltro sottostimato – sostenuto dalla collettività per la pratica abortiva, in un tempo, come il nostro, in cui le risorse economiche a disposizione del sistema sanitario risultano drammaticamente limitate e richiedono pertanto un’equa distribuzione sociale. Dopo 44 anni di applicazione della legge, ancora oggi l’aborto volontario è un problema sociale rilevante. Il dato è ancor più allarmante se al numero degli aborti ufficiali si aggiungono gli aborti clandestini. Al numero ufficiale degli aborti occorre aggiungere gli effetti non facilmente misurabili della contraccezione di emergenza, mentre assistiamo ad una complessiva crescita dell’abortività volontaria negli ultimi anni.
Poco o nulla si fa sul fronte opposto: venire incontro alle donne in difficoltà, che vorrebbero farsi carico del proprio figlio, ma temono di non essere in grado di fronteggiare i numerosi ostacoli in cui si imbattono in famiglia e nel lavoro. Anche sotto il profilo formativo ben poco viene fatto per avvicinare i giovani, ragazze e ragazzi, alla comprensione dei processi generativi e ai rischi delle false soluzioni che spesso vengono loro proposte.
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