In Polonia si sta discutendo una possibile modifica della legge sull’aborto. Il parlamento per il momento ha rinviato la possibilità di inasprire ulteriormente i vincoli all’aborto rimandando il disegno di legge in commissione, dove verrà di nuovo esaminato. La proposta mira a porre paletti più rigidi alla possibilità di aborto in caso di malformazioni del nascituro.



Presentata dal comitato “Stop all’aborto“, presieduto dall’attivista pro-vita Kaja Godek, ha ricevuto il sostegno di circa 830mila firmatari. La maggioranza conservatrice del partito Legge e Giustizia (PiS) ha per ora “congelato” questa proposta, ma secondo l’opposizione l’iniziativa di Godek sarebbe un tentativo proprio del governo di porre ulteriori limiti al diritto di aborto utilizzando come scusa il Coronavirus.



In aula 365 deputati hanno votato contro il voto immediato, 65 parlamentari a favore. Il presidente Andrzej Duda, in corsa per il suo secondo mandato alle elezioni del 10 maggio, ha recentemente dichiarato che avrebbe certamente firmato il disegno di legge.

LA LEGISLAZIONE SULL’ABORTO IN POLONIA

L’attuale legislazione sull’aborto in Polonia rende già il Paese uno dei più pro-life in Occidente, prevedendolo solamente in caso di stupro, incesto, se la vita della madre è a rischio oppure se la salute del bambino è compromessa. Questa nuova proposta ha dunque scatenato di nuovo il dibattito: un buon gradimento popolare è dimostrato dal gran numero di firme a sostegno della petizione, dall’altra parte martedì sono scese in piazza le femministe sfidando il lockdown rimanendo rigorosamente a due metri di distanza fra loro, con volantini esibiti sulle biciclette, petizioni online o video in Rete sotto l’hashtag #ProtestAtHome.



La polizia è intervenuta per far rispettare le regole sul distanziamento e vi sono stati momenti di tensione. I temi etici sono d’altronde al centro dell’attenzione in Polonia in modo speciale in questi giorni: un altro disegno di legge mira a penalizzare la “promozione del sesso tra minorenni” imponendo fino a tre anni di prigione per chi promuove i minorenni ad avere rapporti sessuali.

Il problema è sentito, tuttavia gli oppositori ritengono che questo sia solo un pretesto per vietare l’educazione sessuale a scuola. La vicinanza delle già citate elezioni del 10 maggio rende il clima ancora più rovente, sempre che la diffusione del contagio non induca a rinviare l’appuntamento con le urne.