Credo che nel dibattito di questi giorni si sia perso di vista il fatto che in Italia esiste una legge, la 194/78, che prevede e invita a incrementare le iniziative di sostegno, anche economico, per rimuovere le condizioni che causano la scelta di interrompere la gravidanza.

Tutta la prima parte della legge è improntata all’aiuto della futura mamma, all’informazione, ad eliminare incomprensioni, all’interno di un rapporto con consultori, medici, ginecologi e associazioni che propongono soluzioni alternative all’interruzione di gravidanza.



Una legge che – a dire il vero – in trent’anni non è mai stata compiutamente e totalmente sostenuta nella sua complessità. Nonostante la prima parte abbia avuto poco sostegno, mi chiedo quanti bambini, adesso adulti, sono potuti nascere e crescere grazie a quel percorso contenuto proprio nella legge 194. Penso che questo sia un segnale positivo di cui tutti, comunque la si pensi sull’interruzione di gravidanza, dovrebbero essere contenti.



Adesso, con il dibattito sulla “pillola del giorno dopo” o con l’attualissimo dibattito sulla cosiddetta “pillola dei cinque giorni dopo”, questo percorso fatto di rapporti, di persone che si parlano, si scavalca a pie’ pari, si bypassa, si salta.

Un conto è l’interruzione di gravidanza, cosa diversa è l’interruzione del concepimento, diranno in molti. Ma quello che è innegabile è che adesso rischia di mancare del tutto un rapporto umano tra le ragazze, sempre più giovani e impaurite, e gli adulti. La pillola, ottenibile tra l’altro senza ricetta e quindi facilmente acquistabile – quando anche per un Aulin serve la ricetta – non fa che amplificare questa possibile mancanza di rapporti.



Io ho un’idea chiara sulla legge 194 e sull’interruzione di gravidanza, ma in questa situazione mi viene da avere quasi nostalgia di un certo dibattito intorno alla legge 194. Un dibattito che portò alla scrittura della prima parte di quella legge, di quel percorso e di quei rapporti, che adesso sembrano solo un ostacolo da superare.