È un giorno storico per la sanità nel Lazio, dove la pillola Ru486 per l’aborto potrà essere assunta anche fuori dall’ospedale. L’ha annunciato l’associazione Luca Coscioni, che parla della regione del Centro Italia come “un esempio virtuoso a tutela dei diritti delle donne”, chiedendo inoltre che “anche le altre Regioni si adeguino“.
Come recita infatti il documento pubblicato nelle scorse ore sul bollettino ufficiale della Regione Lazio, quest’ultima in via del tutto ufficiale ha assunto un impegno importante nei confronti della popolazione femminile residente entro i confini territoriali, asserendo che provvederà a “rimuovere gli ostacoli all’accesso alla metodica farmacologica, nell’ottica di assicurare a tutte le donne che richiedono l’interruzione volontaria di gravidanza un servizio che tenga conto dei dati basati sulle evidenze scientifiche, di alta qualità e rispettoso dei loro diritti”. Maurizio Turco, segretario del Partito Radicale, ha asserito ai microfoni di AdnKronos: “Attendevamo da tempo questo giorno. Finalmente, dopo 30 anni arriva anche l’Italia”. Esultanze “illustri”, ma ci chiediamo: si può fermare la vita bevendo un bicchiere d’acqua?
ABORTO, PILLOLA RU486 NEL LAZIO ANCHE FUORI DA OSPEDALE: I COMMENTI
“Possibilità anche nel nostro Paese per le donne di scegliere se effettuare l’interruzione volontaria di gravidanza tramite Ru486 in regime di Day Hospital o in ambulatorio (compresi i consultori), prevedendo l’assunzione del secondo farmaco anche a casa”: questo l’annuncio sulla novità in termini di aborto effettuato in una nota da Marta Bonafoni e Alessandro Capriccioli, rispettivamente capogruppo della lista civica Zingaretti e di + Europa Radicali. Dall’associazione Coscioni hanno fatto loro eco Filomena Gallo, avvocato e segretario dell’Associazione Coscioni, Mirella Parachini, ginecologa e vice-segretario dell’Associazione, e Anna Pompili, ginecologa di Amica (Associazione medici italiani contraccezione e aborto): “Accogliamo con grande soddisfazione questa determina, dopo ben 10 anni dall’introduzione del metodo farmacologico in Italia, che finalmente equipara il nostro Paese a quelli dove tale procedura viene applicata da alcuni decenni”. Per poi aggiungere: “Ora questo documento serva da esempio virtuoso per tutte le Regioni italiane e come risposta ai casi, quale quello dell’Umbria, che lo scorso anno aveva introdotto l’obbligo di ricovero ordinario per l’aborto farmacologico”.