IL MANIFESTO CON L’ASTERISCO CHE PARLA DI ABORTO MA CENSURA LE DONNE

«Dopo 45 anni di compromessi sui nostri corpi è arrivato il momento di una legge che tuteli per davvero il diritto all’aborto per tuttɜ»: no, non è un errore di battitura e nemmeno una svista. Questo manifesto promosso dai Radicali e dall’associazione transfemminista “Libera di non abortire” non si riferisce alle donne come qualche “pazzo” potrebbe pensare ma usa l’asterisco/schwa per essere più inclusivi possibili. E quindi rivolgersi a presunti “uomini che si sentono donne” oppure a transgender prima/dopo l’eventuale operazione o ancora queer/non-binary.



Il manifesto intende lanciare una raccolta firme ben oltre il mondo dell’associazionismo LGBTQ+ e femminista per riscrivere in sostanza la Legge 194 ribadendo con ancor più forza il “diritto fondamentale all’aborto”. Nuova legge, nuovi riferimenti a cui rivolgersi: e così le donne non bastano più, occorre “allargare” la platea facendo in modo che nessuno possa sentirsi escluso. Un buon segnale però è la “bagarre” che questo manifesto promosso dai Radicali e appoggiato anche dal partito della sinistra radicale (fondato da Civati) “Possibile” ha generato sui sociale.



LA “GUERRA” SUL MANIFESTO DEI RADICALI: ANNA PAOLA CONCIA “MA BASTA CON L’ASTERISCO””

In particolare ad opporsi alla “neolingua” in salsa woke vi è una delle storiche attiviste, parlamentari e femministe transitate dal Partito Democratico, ovvero Anna Paola Concia: dichiarata omosessuale, l’ex parlamentare Pd su Twitter risponde a tono al manifesto sulla nuova legge per l’aborto e non le manda certo a dire, «Tutte chi? Asterisco? Ma quale asterisco? Ma smettetela per favore che state facendo un danno incalcolabile al diritto alla interruzione volontaria di gravidanza delle #donne, di tutte quelle donne che come me hanno lottato per voi!!».



Il dibattito scatta subito e a chi contesta a Concia di non volersi confrontare nel merito, l’ex esponente dem ribatte «Veramente è lei che non ascolta. Non mi sono messa a fare l’elenco delle cose che ho fatto per salvaguardare l’IVG. È banalmente un approccio politico diverso, una strategia politica diversa tra me e lei, per questo non ci capiamo. Se si può ancora parlare di politica». Il dibattito presto diventa rissa con i “pro-Concia” e gli “anti-Concia” che subito scattano in piedi, arrivando a definire così surreali come le definizioni di donne solo come “persone con l’utero” e simili. Le sigle LGBTQ+ rivendicano una nuova legge sull’aborto ancora più ampia e rivolta pure alle persone trans e non binarie: per farlo, chiunque provi – anche dalla loro stessa parte politica – a far presente dubbi e perplessità, ecco che scattano “fatwe” e “scomuniche”. A rispondere ore dopo alla ex Pd ci pensa Beatrice Brignone, segretaria di Possibile: «La trovo una polemica stupida e deprimente, oltre che assurda mentre governa una destra che punta a smantellare i diritti. Cosa cambia se c’è l’asterisco? La mia identità di donna non è sminuita in alcun modo dall’assenza di una desinenza». Non solo scomuniche, sono le follie irreali che colpiscono in questa vicenda (come anche nel dibattito sull’utero in affitto): chi non la pensa come “l’asteriscomania” viene immediatamente bollato come “transfobico”: anche chi come Anna Paola Concia, attivista e femminista omosessuale da sempre. Del resto come diceva Orwell nella “Fattoria degli Animali”, «Tutti gli animali sono uguali, ma alcuni sono più uguali di altri»…