La polemica scoppiata negli Stati Uniti a seguito della bozza di sentenza trafugata dalla Corte Suprema e pubblicata sul sito web Politico la scorsa settimana non accenna a diminuire. Gli attivisti “pro-choice” hanno organizzato nei giorni scorsi proteste e manifestazioni al di fuori delle case di alcuni giudici della Corte suprema, in particolare Alito e Kavanaugh, autore e co-firmatario della bozza circolata, e del giudice Roberts, presidente della Corte.



È interessante notare che le manifestazioni fuori dalle abitazioni dei giudici costituiscono, secondo la normativa penale federale, reato. Il titolo 18, sezione 1507, dello U.S. Code (una normativa degli anni 50) considera illegale quando, “con l’intento di influenzare un giudizio, si tiene un picchetto o un corteo, all’interno o nei pressi di un edificio occupato o utilizzato da un giudice, un giurato, un testimone o un pubblico ufficiale di una corte di giustizia”. L’attivazione di eventuali azioni penali nei confronti dei manifestanti è però responsabilità del ministero della Giustizia, a guida democratica, che, al momento, non sembra intenzionato ad intervenire.



La portavoce della Casa Bianca Jen Psaki, infatti, pur condannando genericamente le proteste violente e le minacce, ha non solo ribadito la legittimità di protestare al di fuori delle case dei giudici, ma ha addirittura incoraggiato le stesse manifestazioni ribadendo in conferenza stampa che “that’s the president position”. Alcuni commentatori hanno fatto notare che l’incitazione da parte del presidente a commettere un reato non è poi così diversa da quanto fatto da Trump il 6 gennaio 2021, ovvero durante il famoso tentativo di “assalto” al Congresso da parte di centinaia di militanti (molti dei quali arrestati e già condannati) dell’ala più dura del partito repubblicano.



Sicuramente più estrema è la posizione del sindaco di Chicago, Lori Lightfoot’s, nota per essere la prima donna omosessuale a ricoprire tale carica e per il tasso record di omicidi raggiunto nella città durante il suo governo, che ha twittato: “This moment has to be a call to arms … We will not surrender our rights without a fight – a fight to victory!” (“Questo momento deve essere una chiamata alle armi… Non rinunceremo ai nostri diritti senza combattere, una lotta per la vittoria!”).

Parlamentari e senatori repubblicani stanno chiedendo a gran voce al Governo di intervenire per proteggere la serenità e autonomia dei giudici in questa difficile situazione e di indagare a fondo sulla fuga di notizie, mai successa nella storia della Suprema Corte. Il timore è che la pubblicazione di una bozza della decisione da parte di qualcuno sia proprio finalizzata a far pressioni sui giudici, affinché modifichino la propria opinione sul probabile rovesciamento della sentenza Roe vs Wade e del conseguente diritto costituzionale all’aborto.

Nel frattempo, il partito democratico deve registrare un’altra sonora sconfitta al Senato: nel tentativo di limitare gli effetti della possibile decisione della Corte, che riporterebbe la materia dell’aborto alla disciplina dei singoli Stati, ha presentato un disegno di legge, chiamato Women’s Health Protection Act, che non solo tentava di codificare il diritto all’aborto a livello federale, ma che vietava ai singoli Stati di porre qualsiasi vincolo all’aborto stesso (dall’obbligo di attendere qualche giorno tra la prima visita e l’intervento, all’obbligo di effettuare almeno un’ecografia prima di abortire, all’obbligo di informare, per le minorenni, almeno un genitore).

Tale normativa, non prevedendo un limite (in termini di settimane del feto) entro la quale essere applicata, sostanzialmente avrebbe introdotto la possibilità di abortire senza alcun limite di tempo, fino al giorno prima della nascita, possibilità ben superiore a quanto previsto dalla sentenza Roe vs Wade, che limitava l’aborto alla 24esima settimana.

È interessante notare che se circa il 60% degli americani è generalmente favorevole all’aborto, pochi (circa il 19%, dati Pew Research) sono a favore dell’aborto senza alcun tipo di limite. La proposta è stata respinta 49 a 51, con solo un senatore democratico (Joe Manchin) che ha avuto il coraggio di dissentire dal proprio gruppo.

Certo, risulta stupefacente che la quasi totalità dei senatori democratici, tra cui molti che si professano cattolici, non ha avuto remore a votare a favore di un aborto senza limiti, sostenuto soltanto da pochi americani.

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