Dal Cile alla Polonia, dalla Francia fino agli Stati Uniti: nel mondo si assiste negli ultimi mesi ad un particolare dibattito che pone al centro il diritto all’aborto: da chi aumenta l’area di scelta a chi invece discute/pone restrizioni rispetto a quanto avveniva nel recente passato. È il caso degli Stati Uniti dove in questi giorni la Corte Suprema potrebbe pronunciarsi limitando, dopo 50 anni, la famosa sentenza “Roe contro Wade” che rese il diritto all’aborto legale a livello federale (ammettendo l’interruzione dopo le 28 settimane, in alcuni casi anche 24 settimane).



Lo scorso mercoledì la Corte Suprema si è riunita per deliberare sulla legge del Mississippi (Dobbs v. Jackson Women’s Health Organization) che vieta l’aborto dopo 15 settimane di gestazione (nella maggior parte dei casi): dopo due ore di dibattito, i 6 giudici di orientamento conservatore (sui 9 totali) sembrano disposti ad accogliere le richieste del singolo Stato Usa. Se così dovesse concretizzarsi nei prossimi mesi con un pronunciamento ufficiale – attesa parola definitiva a giugno 2022 – si arriverebbe di fatto ad eliminare la Roe v. Wade del 1973. Come noto, negli Stati Uniti non esiste una legge unica che regoli le modalità degli Stati in materia di aborto, ma con quella sentenza storica della Corte Suprema si è data comunque la garanzia legale dell’interruzione di gravidanza a livello federale. Venisse meno, potrebbero prendere ancora più spazio gli Stati repubblicani nel restringere ulteriormente il campo di azione sulle leggi per l’aborto.



ABORTO IN USA: COSA POTREBBE SUCCEDERE

Le strade percorribili sono sostanzialmente tre per la Corte Suprema: respingere in toto la legge del Mississippi dichiarandola incostituzionale (difficile, vista la maggioranza conservatrice nei 9 giudici); accogliere solo l’impianto più puntuale della legge anti-aborto, ovvero quello sulla 15 settimane come soglia limite per l’accesso all’interruzione volontaria di gravidanza; in terzo luogo, il soppiantare del tutto la precedente sentenza Roe v. Wade e cambiare così definitivamente la politica federale americana in materia di aborto. In questo ultimo caso si andrebbe in totale scontro con la Casa Bianca, come già ribadito ieri dal Presidente Joe Biden: «Sostengo e continuo a sostenere il diritto all’aborto». I tre giudici “progressisti” ritengono che modificare la sentenza sull’aborto danneggerebbe la credibilità della Corte Suprema stessa vista la recente nomina dei tre giudici voluti dall’ex Presidente Trump che hanno ridisegnato i rapporti di forza sul massimo organo costituzionale americano. Al momento, secondo quanto riportano diversi media americani, la situazione all’interno della Corte è tutt’altro che monolitica: Amy Coney Barrett, Clarence Thomas, Samuel Alito e Neil Gorsuch sono molto propensi a smantellare la sentenza simbolo del ’73 mentre i più moderati conservatori John Roberts e Brett Kavanaugh sembrerebbero più prudenti, favorevoli a non andare oltre il via libera alla legge del Mississippi.

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