LE INDAGINI SULLE COOP DELLA MOGLIE DI ABOUBAKAR SOUMAHORO
Non si placa la polemica sulle coop della moglie (e della suocera) del deputato di Verdi-Sinistra Italiana Aboubakar Soumahoro: ben più di un’indagine esplorativa, i carabinieri stanno indagando ulteriormente sulla Karibu e sul Consorzio Aid, incaricate da numerosi enti di assicurare servizi di accoglienza per richiedenti asilo migranti. Da mesi stanno le forze dell’ordine lavorano anche con i finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria, con gli accertamenti sono in una fase avanzata: si indaga per reati fiscali, ma pare anche per maltrattamenti e pessime condizioni di igiene, sanità e sicurezza (secondo quanto riportato da “La Repubblica” nei giorni scorso, ndr).
«Le Fiamme gialle sono state incaricate di far luce su eventuali profili di rilievo penale connessi ai diversi temi di rilevanza della complessa vicenda», ha fatto sapere il procuratore capo di Latina, Giuseppe De Falco in una nota, «le indagini sono sviluppate con il dovuto riserbo». Quanto però già emerso sui media porta una situazione tutt’altro che tranquilla per la famiglia di Aboubakar Soumahoro: oltre ai 26 lavoratoti che reclamano 400mila euro di stipendi non pagati, vi sarebbero anche ricerche su eventuali ipotesi di richieste di fatture false per effettuare i pagamenti, oltre che «migranti minorenni che hanno riferito di condizioni pessime delle strutture in cui erano ospitati, senza acqua né luce», spiega ancora “Rep”. Le indagini vertono però anche su eventuali debiti milionari accumulati con l’erario e con flussi di denaro transitato in istituti di credito del Ruanda, la terra d’origine di Marie Terese Mukamitsindo e Liliane Murekatete, rispettivamente suocera e moglie di Aboubakar Soumahoro.
ABOUBAKAR SOUMAHORO “IO ESTRANEO AI FATTI”, MA LE ACCUSE ALLA COOPERATIVA CONTINUANO…
«Mi dite cosa vi ho fatto?», è un video straziante e in lacrime quello pubblicato da Aboubakar Soumahoro sui social nelle scorse ore, dopo le notizie sulle indagini contro le coop gestite dalla moglie del deputato di AVS. «La montagna di fango non seppellirà le mie idee, forse riuscirete a seppellirmi fisicamente, ma non le mie idee […] Sono stato da parte della dignità del lavoro. Voi mi volete distruggere, ma avete paura delle mie idee. Pensate di seppellirmi, ma non mi seppellirete. Sono giorni che non dormo». Per Soumahoro le indagini e soprattutto le ipotesi sui reati formulati sono mere falsità: «Mia moglie attualmente è disoccupata, è iscritta all’Inps, non possiede allo stato attuale alcuna cooperativa. Perché non parlate con lei? Quando l’ho conosciuta, lavorava già nell’ambito dell’accoglienza. Parlate con mia suocera, chiedete a lei che è proprietaria della sua cooperativa, e io sarò il primo ad andare a lottare e a scioperare con i dipendenti e difendere i loro diritti. Voi avete paura delle mie idee».
L’onorevole Aboubakar Soumahoro, tramite l’avvocato Maddalena Del Re, ha poi fatto sapere che i presunti maltrattamenti nei confronti dei minori se si rivelassero veri «rappresenterebbero una vicenda molto grave», che ha fiducia nella magistratura, ma che lui ha appreso la stessa solo dalla stampa, «nonostante il rapporto affettivo con moglie e suocera e dunque non può rilasciare dichiarazioni in merito. Il deputato poi conclude ribadendo che è estraneo alle vicende narrate», conclude la legale. Sempre a “LaRepubblica” alcune lavoratrici di quelle cooperative continuano nelle accuse che andranno ovviamente appurata da magistratura e inquirenti: «C’era sempre poco cibo e i ragazzi avevano fame», denuncia una 36enne cuoca nella Consorzio Aid confermando quanto accusano gli altri migranti che hanno fatto scattare le prime indagini, «Non pagavano le bollette, dicevano che non avevano soldi e per dieci giorni siamo rimasti senza corrente elettrica. A noi – conclude la cuoca-interprete a “Rep” – i pagamenti non arrivavano mai. Io ero anche incinta. Ho quattro bambini e senza soldi è difficile sopravvivere». La risposta che veniva data dalla cooperativa è che «lo Stato non ci paga e noi non possiamo pagare».