E’ morto Abraham Yehoshua, 85enne esponente di spicco della comunità ebraica, più volte candidato al premio Nobel. Lo scritto è deceduto oggi, martedì 14 giugno 2022, e assieme al suo fratello Amos, Oz, che invece è morto nel 2018, è stato “per molti versi – commenta il Corriere della Sera – la coscienza critica del suo Paese, anche se poi a un certo punto i due romanzieri si erano divisi sulla soluzione dei due Stati, uno ebraico e uno arabo, come formula capace di assicurare la pace nella loro terra martoriata”. Fra le sue opera più note, Il signor Mani del 1990, edito poi da Enaudi nel 1994, e opera di un intenso impegno sperimentale in cui i protagonisti vengono raccontati solo attraverso le parole di altre persone. “Nelle sue origini famigliari – riporta ancora il quotidiano di via Solferino – nella sua vita, negli scritti di Yehoshua si rifletteva l’immensa complessità del mondo ebraico”.



Con il romanzo Il Tunnel del 2019, invece, aveva voluto interrogarsi sul tema della memoria, giungendo alla conclusione che per i popoli, aggrapparsi sempre al passato, rappresenterebbe una sventura, rendendo complicato vivere il presente e il futuro in maniera serena. Secondo Abraham Yehoshua di un eccesso di memoria soffrivano i palestinesi, ma anche gli ebrei, «La troppa memoria — aveva detto lo scrittore — si trasforma in una barriera».



ABRAHAM YEHOSHUA MORTO A 85 ANNI: HA COMBATTUTO NELLA GUERRA ARABO-ISRAELIANA

Nato a Gerusalemme il 9 dicembre del 1936, Abraham Yehoshua apparteneva all’ebraismo sefardita: il padre era originario di Salonicco, mentre la mamma era marocchina. Aveva combattuto fra il 1954 e il 1957 durante la guerra arabo-israeliana del 1956, sotto la guida del generale con la benda Moshe Dayan. In seguito Yehoshua si era dedicato agli studi per poi laurearsi in Letteratura e Filosofia all’Università di Gerusalemme, iniziando nel contempo a scrivere.

Il suo primo grande successo giunse nel 1977 con L’amante, pubblicato anche in Italia, e libro tradotto in 23 lingue con ben due trasposizioni cinematografiche. Spesso e volentieri era ospite del nostro Paese in occasione delle principali manifestazioni culturali, e guardava con interesse e rispetto la religione cristiana. «La morte – raccontava in un un’intervista con Aldo Cazzullo sul Corriere – è molto importante. Un dono che facciamo ai nostri nipoti: lasciare loro spazio».