Sergio Abrignani, immunologo dell’Università Statale di Milano, ha concesso un’intervista ai colleghi del “Corriere della Sera”, utile a fare il punto sulla pandemia di Coronavirus in Italia e sui vaccini. In questo periodo i contagi sono in crescita, ma l’esperto non vede “segnali di allarme eccessivo. Ora il virus è più contagioso ma meno aggressivo, i ricoveri in ospedale non salgono in proporzione ai casi di infezione. Attenti sì, non preoccupati”.
Mentre in estate tutti i virus respiratori tendono a sparire, “questo è stato capace di un colpo di coda, esprimendosi con un picco fuori stagione e con una sottovariante più trasmissibile, sebbene non di molto. Sta cercando la sua strada fra di noi. Ricordo che a novembre, quando è comparsa Omicron, la risalita era stata più rapida. Adesso è sensibile, però non impressionante, non esplosiva. Ricordiamoci che lo scorso inverno questa variante in poche settimane ha soppiantato Delta”. Ad oggi, Omicron 5 ha la capacità di aggirare le difese del sistema immunitario eretto dalla vaccinazione o da precedenti infezioni naturali: “Il 40% dei vaccinati si può infettare e il 7% per la seconda volta, il doppio rispetto alle altre varianti”, ha sottolineato Abrignani.
SERGIO ABRIGNANI: “VACCINO A SETTEMBRE? NON SI TRATTA DI QUARTA DOSE, MA…”
Nel prosieguo della sua chiacchierata con il “Corriere della Sera”, Abrignani ha evidenziato che c’è la prospettiva concreta di avere un vaccino aggiornato in autunno, disegnato sulla variante Omicron, quindi più efficace rispetto a quello basato sul virus originario, ma non si tratterà di una quarta dose: “Sarà una nuova vaccinazione – ha asserito –. Come l’antinfluenzale. Ogni anno il virus dell’influenza cambia e dobbiamo cambiare vaccino”.
Se dovesse essere abolito l’obbligo di isolamento, “significherebbe accettare un rapporto di convivenza totale col virus, rinunciare a contenerlo del tutto, mettendo in conto di perdere più persone. Si pensi che tra il 15 maggio e metà giugno abbiamo avuto circa 2mila morti Covid, la metà del mese precedente. Se non ci fosse stato l’obbligo d’isolamento per i positivi, avremmo pianto più morti, ma sarebbe come accettare il rischio di sostenere una forma di influenza grave”.