Coprifuoco? Deciderà il governo. Il Comitato tecnico scientifico preferisce non sbilanciarsi. «Generalmente quello che facciamo è guardare i dati, che arrivano tra giovedì e venerdì, e dare suggerimenti per mitigare il rischio», ha dichiarato Sergio Abrignani, membro del Cts, a “Otto e mezzo” ieri su La7. Quindi, non ha preso una posizione nel merito, ma ha spiegato il lavoro che svolgono gli esperti nel collegamento con Lilli Gruber: «L’obiettivo di tutti è arrivare ad aprire tutto, ma è impossibile farlo tutto insieme. Quindi, il nostro compito è guardare i dati e le assicuro che lo facciamo con estrema assunzione, poi dare suggerimenti tecnici, perché questo siamo, su come mitigare il rischio dell’apertura». Quindi, ha chiarito che non devono essere loro a fornire risposte. «Noi diciamo le opzioni per mitigare il rischio. Se uno vuole aprire un’ora più e sarà necessario stare con la mascherina in certi posti, non sarà possibile aprire i ristoranti al chiuso se non con meccanismi di ventilazioni e ricambio dell’aria che quasi nessuno ha, aprire quelli al chiuso ma con la presenza di tamponi… C’è tutta una serie di forme di mitigazione che sulla base dei dati che vengono fuori noi suggeriamo ogni settimana al governo».



FELTRI VS ABRIGNANI “ACCETTIAMO PIÙ MORTI?”

Un approccio questo che è stato contestato in diretta ieri da Stefano Feltri. «Trovo un po’ singolare che questi poveri ristoratori debbano aspettare ogni settimana per vedere regole diverse. Oggi ci sono stati 262 morti, non sono proprio pochissimi…», ha dichiarato il direttore di Domani. La domanda deve essere un’altra per il giornalista: «Quanti morti vogliamo vedere ancora?». E quindi ha lanciato una provocazione: «Se poi ci siamo tutti stancati e abbiamo deciso di accettare 300-400 morti, andiamo a cena un’ora in più». Sergio Abrignani allora ha spiegato che non è successo «nulla di catastrofico» ad oggi dopo la riapertura delle scuole, con il 70% degli insegnanti vaccinati. «Ma non li state tracciando, quindi non lo sappiamo. Se uno è asintomatico e non fa il tampone non risulta in nessuna statistica. Infatti, sin dall’inizio noi non sappiamo quanta gente si è contagiata a scuola, perché non abbiamo mai messo in piedi un sistema». Allora l’immunologo ha replicato: «Avremmo dovuto vedere un aumento di morti nei suscettibili, anzi c’è stato un calo costante di infezioni. Quindi, i bambini non hanno fatto da untori. Non c’è stato nessun picco di infezioni né di positività».



“RICHIAMO PFIZER A 42 GIORNI? NON È FOLLIA”

L’immunologo a “Otto e mezzo” ha anche affrontato la questione relativa al richiamo di Pfizer, spostata da 21 a 42 giorni. «È un problema di comunicazione che nasce dal fatto che Pfizer per motivi probabilmente legali si è sentita in dovere di spiegare che lo studio clinico fatto ha la maggior parte di dati ottenuto col richiamo a 21 giorni». Ma nello studio clinico di Fase III, quello di efficacia con cui è stato registrato, e nel bugiardino «è scritto che la seconda dose può essere fatta tra 3-6 settimane». Quindi, Sergio Abrignani ha voluto precisare che il Cts ha suggerito di seguire il modello inglese, quindi di aumentare i giorni tra prima e seconda dose, basandosi su dati scientifici. «Non abbiamo suggerito una follia perché c’è scarsità di vaccini, ma un qualcosa che comunque ha fondamento scientifico. A tre settimane dalla prima dose c’è un’80% di protezione, dopo la seconda dose si sale al 95%. Anche dal punto di vista immunologico è un vantaggio aumentare il tempo tra prima e seconda dose». Su AstraZeneca agli under 60 invece non si è sbilanciato: «Il Cts non si è ancora pronunciato, ne stiamo ancora discutendo, quindi sarebbe scorretto dare un’opinione pubblica ora».

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