Il vaccino anti Covid crea problemi di infertilità? «Io sono siciliano e mi verrebbe da dire che è una grande minchiata, molto grande», così l’ha definita l’immunologo Sergio Abrignani, professore ordinario di Patologia generale all’Università Statale di Milano e direttore dell’Istituto nazionale di genetica molecolare “Romeo ed Enrica Invernizzi”. Si è lasciato andare a questa considerazione a In Onda, su La7: «È veramente oltre la fake news, è capzioso perché si va a toccare un argomento caro, è veramente una grande minchiata». Inoltre, ha ribadito di essere favorevole all’obbligo vaccinale per gli adolescenti.



«Non sono favorevole all’obbligo solo per la prevenzione della malattia, ma perché gli adolescenti sono il target ideale del virus. Spesso sono asintomatici, hanno un’alta mobilità, quindi sono veramente il centro della diffusione dell’infezione. E sono quelli che portano a casa l’infezione». A tal proposito, ha ricordato che è importante vaccinarli anche perché «i fragili non sempre rispondono alla vaccinazione e possono essere comunque a rischio morte».



ABRIGNANI SU VACCINO A GIOVANI E TERZA DOSE

Riguardo il fatto che possa essere più pericoloso vaccinarsi per i bambini, il professor Sergio Abrignani è stato netto ad Agorà: «Non c’è il rapporto rischio beneficio per i bambini, perché non ci sono ancora dati sull’efficacia, quindi tutto quello che scrivono sono stupidaggini». Poi ha ricordato che ci sono stati 30 morti per Covid tra bambini fino a 17 anni. «Sono relativamente pochi rispetto ai 128mila morti, e la maggior parte di quei bambini avevano patologie pregresse». D’altra parte, «uno dei fattori di rischio è l’obesità e in Italia abbiamo il record di quella infantile, che è il 9,5%». Ma ha fornito un altro spunto di riflessione: «Se pensate al clamore dei casi di meningite e tutti corrono a vaccinarsi…». Riguardo l’efficacia dei vaccini, a In Onda ha spiegato che «questi proteggono efficacemente dalle forme gravi, proteggono dall’infezione nel 60-70% dei casi, per questo le mascherine vanno indossate come principio di massima cautela». Ad Agorà non ha escluso la possibilità di procedere con la terza dose, forse ad un anno, ma non c’è consenso perché «non ci sono dati forti e significativi che serva ora». La scelta di Israele viene definita «un eccesso di cautela», ma potremmo arrivarci come per il vaccino per l’epatite b. «È giusto partire dai più suscettibili, ma dal punto di vista di sanità pubblica bisogna contenere questo virus».

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