Quella concessa da Abu Mazen in esclusiva ad Avvenire è una delle pochissime interviste rilasciate dal presidente palestinese dallo scoppio della guerra a Gaza nell’ottobre del 2023, peraltro ad un passo dalla sua ormai imminente visita (prevista per il 12 e 13 dicembre) in Italia nel corso della quale incontrerà prima Papa Francesco – che definisce “amico” del popolo palestinese e dei musulmani – e poi il presidente Sergio Mattarella e la premier Giorgia Meloni; il tutto con la ferma speranza che la diplomazia portata avanti dallo stesso Abu Mazen possa imprimere una svolta significativa ad un conflitto che ha causato già “150mila vittime civili e più dell’80% degli edifici, delle strutture e delle infrastrutture della Striscia (..) distrutte”.



Partendo dal principio, fin da subito per Abu Mazen è importante sottolineare che “è qui [ovvero sul territorio attualmente israeliano, ndr.] che siamo nati, è qui che sono nati i nostri avi [ed] è qui che rimarremo“, precisando in particolare che secondo la risoluzione ONU del 1947 “il 45% di questa terra” è proprietà palestinese e che loro allo stato attuale ne reclamano “solo il 22%, ma anche questo ci viene negato”. Dal conto suo una vera svolta potrà arrivare solo dopo “l’arresto di Netanyahu” ai sensi “del mandato della Corte penale internazionale” auspicato – a suo dire – non solo dai palestinesi, ma anche “da tanti cittadini israeliani studi del loro governo estremista”.



Abu Mazen: “Papa Francesco è amico dei palestinesi, può aiutarci a raggiungere la pace”

Ragionando approfonditamente sul tema della pace, Abu Mazen si dice speranzoso anche delle opportunità che potrà offrire “Trump [che] vuole la pace” e che più volte si è dimostrato amico dei palestinesi anche nel corso del suo precedente mandato presidenziale; ricordando peraltro il suo “buon rapporto con l’Arabia Saudita” che è considerata tra i mediatori potenzialmente più importanti per Gaza e chiedendo – più o meno ufficialmente – che “l’Autorità nazionale palestinese” entri a far parte dei negoziati “per la tregua a Gaza”.



Le condizioni per arrivare ad una pace reale e duratura secondo Abu Mazen sono piuttosto semplici e facilmente raggiungibili: la prima – forse ovvia – è che “Israele rispetti il diritto internazionale” ponendo immediatamente fine “all’occupazione” nel pieno rispetto della “risoluzione numero 2735 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite”; mentre la seconda – forse più complessa della prima – è che “la Palestina ottenga la piena adesione alle Nazioni Unite” uscendo dal già concesso “status di osservatore” e la terza è che si dia applicazione alla “pace sulla base della soluzione dei due Stati“.

Ragionando sul futuro Abu Mazen si dice – peraltro – pronto con la sua ANP a guidare l’intera striscia di Gaza sulla gode già di “giurisdizione esclusiva”, facendosi carico “della gestione dei ministeri, delle istituzioni, della sicurezza e dei valichi di frontiera”; il tutto auspicabilmente coadiuvato anche da “Sua Santità Papa Francesco” che nei mesi scorsi ha confermato “il riconoscimento dello Stato di Palestina”, nella speranza che “questo sia l’ultimo Natale in guerra”.