Ha abusato per trent’anni della figlia ma non farà un giorno in carcere. Tutta colpa della burocrazia e delle lungaggini della giustizia italiana, visto che, il fascicolo in questione, è rimasto chiuso per otto lunghi anni, nel frattempo, il responsabile di tali atrocità ha compiuto 80 anni e di conseguenza non finirà dietro le sbarre. Eppure la condanna c’è stata, nove anni e due mesi di carcere, fatto che rende tutta la vicenda ancora più beffarda.



Il caso era esploso nel 2006, quando la figlia del condannato aveva sporto denuncia dopo aver subito soprusi, angherie e numerosi episodi di violenza, scrive oggi il Corriere della Sera. Una decisione, quella di denunciare, dopo che il padre violento aveva iniziato a prendere di mira anche la figlia nonché nipote dello stesso condannato. Erano così scattate le indagini che avevano confermato le violenze fisiche e psicologiche subite, fra punizioni, percosse con la cinghia e stupri. A quattro anni dalla denuncia arrivò quindi la condanna a 11 anni e sei mesi, ma è “a questo punto – scrive il quotidiano di via Solferino – che la macchina della giustizia s’inceppa”.



ABUSA DELLA FIGLIA PER 30 ANNI: DALL’APPELLO ALLA CASSAZIONE FINO AL NUOVO PROCESSO

Il processo d’Appello si tiene infatti dopo ben otto anni, solamente dopo che nel 2017, l’allora presidente della corte d’Appello, Arturo Soprano, mette insieme una vera e propria task force contro la prescrizione, spinto da un caso di violenza sessuale verso una bambina di soli 12 anni, che era andato prescritto in quanto il processo era stato fissato 20 anni dopo il reato. Ma i tempi sono limitatissimi e il pool ha il compito annoso di analizzare diecimila fascicoli; finiscono così in prescrizione i maltrattamenti e le violenze sulla figlia e la nipote, ma la condanna arriva comunque, 9 anni e 4 mesi. I legali fanno quindi ricorso in Cassazione, che annulla la sentenza d’Appello chiedendo un nuovo processo. Ma a quel punto la maggior parte dei reati sono ormai prescritti e l’80enne violento deve rispondere solo di stupro di gruppo, per cui è stato ora condannato a nove anni e due mesi.

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