CAPELLE-DUMONT: PERCHÈ LA CHIESA SULLA PEDOFILIA È PIÙ TRASPARENTE DI TUTTI

La crisi della Chiesa non significa la fine del sacerdozio, o meglio che si possa superare la crisi “demolendo” l’istituzione creata con Cristo: lo ha spiegato in questa lunga intervista a “Le Figaro” il teologo, sacerdote e filosofo francese Philippe Capelle-Dumont, di cui abbiamo parlato qui. Ma dall’analisi fatta dall’attento osservatore della Chiesa di Gesù si trae anche un secondo spunto importante legato allo scandalo che più di tutti ha contribuito, anche a livello mediatico, ad incrinare la fiducia nella Chiesa Cattolica oggi guidata da Papa Francesco: la pedofilia.



«Non credo che questa crisi (gli scandali degli abusi sessuali, ndr) stia intaccando così tanto la credibilità dei sacerdoti sul campo, quelli che le comunità cristiane vedono settimana dopo settimana e nei quali esprimono molta fiducia». Secondo il teologo, la trasparenza che la Chiesa ha promosso al suo interno «non ha equivalenti in altre istituzioni religiose, educative o comunitarie. Se così fosse, i riflettori dei media e della politica si sposterebbero». Diversi studi seri e comprovati negli ultimi anni indicano che tra il 3 e il 5% dei religiosi cristiani (preti ma non solo) sono coinvolti negli atti criminosi legati alla pedofilia: se questo è un dato inquietante, visto che anche solo una persona che dà scandalo sui più piccoli – come dice il Vangelo – è una tragedia umana e di fede, è anche vero – afferma Capelle-Dumont – «ci dà un’indicazione matematica approssimativa della percentuale di religiosi, tra il 95% e il 97%, che sono ingiustamente presi di mira e ne soffrono».



“CELIBATO E ABUSI PRETI NON SONO LEGATI”: COSA DICE IL TEOLOGO FRANCESE CAPELLE-DUMONT

Davanti a chi sostiene che sia il celibato dei preti (ovvero la castità professata) a “generare” la stortura che porta agli abusi sessuali, il sacerdote e teologo francese ha una risposta netta e tutt’altro che “istituzionale”: «Queste due realtà – celibato e comportamento pedocriminale – non sono sistematicamente correlate, come dimostrano le indagini. È deplorevole che le gravi patologie di alcuni religiosi pedocriminali siano usate come trampolino di lancio, anche all’interno della Chiesa, per una critica frontale al sacerdozio ministeriale».



Se le associazioni LGBTQ hanno fatto bene a protestare contro il tentativo di “amalgama” tra la loro condizione e la pedocriminalità, osserva Capelle-Dumont, con un po’ di onestà e lealtà intellettuale «gli effetti retorici contro il mondo cattolico dovrebbero essere smascherati con più forza». Tutto questo non significa che non vi siano stati o non vi siano oggi problemi legati al sacerdozio: «In mezzo all’ovvia generosità di laici e sacerdoti, sono stati compiuti alcuni errori di orientamento e ora ne stiamo pagando il prezzo. In questo contesto confuso, la maggior parte dei cattolici chiede un rinnovato sforzo per presentare, e persino rilegittimare, i criteri che regolano la configurazione e la missione a lungo termine dei sacerdoti». Ma allora perché mantenere ancora oggi in vigore il celibato sacerdotale, chiese “Le Figaro” a Capelle-Dumont: la risposta è semplice, «La decisione canonico-giuridica, presa nel 1139, di sistematizzare l’obbligo del celibato sacerdotale non è stata né casuale né arbitraria. Si basava sugli orientamenti conciliari adottati nei primi secoli della Chiesa, con l’intenzione profonda di onorare sempre meglio la condizione radicale del Cristo celibe, interamente dedito alle cose del Padre». È stata ed è ancora una scelta spirituale importante quella del celibato, «che l’Occidente latino ha favorito e confermato come parte della sua fecondità missionaria». Per quanto riguarda il cattolicesimo e la crisi vocazionale, conclude Capelle-Dumont, occorre mettere da parte le illusioni che sembrano soluzioni, come il matrimonio dei sacerdoti o l’ordinazione di uomini sposati: «La mia speranza è ampia e ha a che fare in particolare con il fatto che la fede cristiana è un’energia di pensiero».