La prestigiosa Accademia della Crusca è recentemente intervenuta nel tentativo di salvare l’italiano dalle ingerenze, all’interno delle università, dell’inglese. Il contesto è quello recentemente emerso dall’Università di Bologna che ha deciso, dal prossimo anno, di eliminare per la sede di Rimini il corso triennale in Economia del Turismo, sostituendolo con l’identico Economics of Tourism and Cities, mutuato interamente in lingua inglese.
Quello di Bologna, tuttavia, è solamente l’ultimo di una serie di casi analoghi, che ha coinvolto numerose università italiane, mentre l’intervento della Crusca sarebbe motivato dalle numerose lettere di protesta pervenute nelle ultime settimane. “La progressiva eliminazione dell’italiano dall’insegnamento universitario, come pure nella ricerca”, spiega in una nota Paolo D’Achille, presidente dell’Accademia della Crusca, “in vista di un futuro monolinguismo inglese costituisce, come ha osservato anche la European Federation of National Institutions for Language, un grave rischio per la sopravvivenza dell’italiano come lingua di cultura, anzitutto, ma anche come lingua tout court, una volta privata di settori fondamentali come i linguaggi tecnici e settoriali”.
Accademia della Crusca: “L’italiano deve essere presente in qualsiasi corso triennale”
L’Accademia della Crusca, inoltre, ci ha tenuto a precisare che “tra gli obiettivi di tutti i corsi di laurea triennale, di qualunque classe, figura, per legge, quello che chi consegue il titolo abbia un pieno possesso dell’italiano” e non è chiaro “come può essere assicurato questo obiettivo da un corso ‘la cui didattica si svolgerà interamente in lingua inglese'”, citando il sito dell’università di Bologna. Nella nota si fa anche riferimento ad una “esplicita sentenza della Corte costituzionale che, pur ammettendo e anzi promuovendo la didattica in inglese, richiede espressamente che la lingua italiana non venga estromessa del tutto da ogni corso di studi”.
Secondo l’Accademia della Crusca, peraltro, risulta insensato che in un corso di studi crusca non si parli in italiano, considerando “verosimile pensare che ci si riferisca a quello che ha per oggetto l’Italia, le sue città, il suo incomparabile patrimonio di beni naturali, artistici, archeologici, storici e culturali” e soprattutto che “i nomi delle città, degli artisti, delle opere, dei musei, sono in italiano”. Il suggerimento dell’Accademia della Crusca è quello di considerare soluzioni come quella adottata dal politecnico di Milano, “che prevedeva corsi (peraltro magistrali e non triennali) interamente in inglese” ma “inserendo qualche insegnamento (pur se secondario e/o opzionale) in italiano“. Si attende, ora, la risposta dalla ministra Bernini e dal rettore Molari sulle rimostranze della Crusca.