Il 4 novembre, prima del concerto settimanale (che viene replicato tre volte) in programma alla sinfonica dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia. Il programma era stato concepito come una serata in cui si portavano a Roma la musica e le atmosfere della Vienna a cavallo tra fine ottocento ed inizio novecento. Molto atteso il brano centrale: il raramente eseguito “concerto per violino e orchestra” di Erich Wolfgang Korngold. La violinista che doveva eseguirlo, Veronika Eberle, si ammala e dà forfait. Viene chiamato, di corsa, un altro violinista: Giuseppe Gipponi, ventenne, salernitano, primo italiano in 24 anni a vincere (meno di un mese fa) l’ambito Premio Paganini. Gipponi non conosce il brano di Korngold (e non può impararlo in poche ore): sostituzione di corsa con “il concerto per violino e orchestra” di Pëtr Il’ič Čajkovskij – che l’orchestra sinfonica di Santa Cecilia conosce a fondo e ha comunque un nesso con Vienna, dove avvenne la prima esecuzione.



Una sola prova prima del concerto. Gipponi trionfa; alle ovazioni ed insistenti richieste di bis, offre un “capriccio” di Paganini. Le ovazioni continuano. Gipponi risponde con un secondo “capriccio” di Paganini. Sul podio, un altro giovane, il trentunenne Lorenzo Viotti, ma già affermato (è direttore principale dell’Orchestra Nazionale dei Paesi Bassi), figlio del mai troppo compianto Marcello Viotti, direttore musicale de La Fenice, di cui ricordo ancora una memorabile Thais ed una splendida Ariadne auf Naxos. Un’accoppiata vincente ed una serata iniziata con qualche timore e conclusasi con un grande successo, anche in quanto il pubblico dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia sta tornando e la sala era abbastanza piena.



La serata è iniziata con l’ouverture de Die Fledermaus (Il Pipistrello) di Johan Strauss jr, una delle operette austriache più conosciute, l’unica che viene messa in scena (ogni 31 dicembre) alla Staatsoper di Vienna. Viotti, che avevo già ascoltato a Salisburgo dove anni fa vinse il concorso Nestlé per giovani direttori d’orchestra, ha sottolineato l’ambiguità del brano che sotto un aspetto scintillante e gioioso è intriso di nostalgia per un’epoca giunta al tramonto.

Il “concerto per violino e orchestra” in re maggiore op. 35 è l’unico concerto per violino di Pëtr Il’ič Čajkovskij. E’ molto noto anche perché utilizzato nei film Il concerto di Radu MihăileanuUn’adorabile infedele di Howard Zieff, e Together with You di Chen Kaige.



Fu completato agli inizi del 1878 a Clarens, presso Montreux, con la collaborazione del violinista Iosif Kotek, che aveva dato consigli sull’esecuzione tecnica del concerto e doveva essere anche il primo esecutore, proposto dallo stesso Čajkovskij, ma all’ultimo momento rinunciò a causa delle difficoltà tecniche. Un altro grande concertista, il famoso Leopold Auer, a cui la composizione era stata in un primo momento dedicata, lettane la partitura sentenziò che era ineseguibile e si rifiutò a sua volta di suonarla. La prima esecuzione avvenne perciò a distanza di tre anni, il 4 dicembre 1881 a Vienna, quando tra mille difficoltà il violinista Adol’f Brodskij accettò di eseguire il concerto. Čajkovskij gli dedicò la partitura. La direzione d’orchestra fu affidata ad Hans Richter. Alla prima esecuzione, non venne apprezzato ma oggi non c’è pubblico che resista alla forza di seduzione di questo brano di circa mezz’ora articolato in tre movimenti (allegro moderato, canzonetta: andante, allegro vivacissimo). Ho ricordato le difficoltà che ebbe Čajkovskij nel trovare un violinista “all’altezza” per sottolineare il virtuosismo richiesto nel dialogo tra solista ed orchestra non solo nello spericolato finale ma anche nella melanconia dell’andante e nel gioco di varianti nel primo movimento. Grande sintonia tra Gibboni, Viotti e l’orchestra.

Nella seconda parte, Viotti e l’orchestra hanno affrontato due brani molto noti: la suite di Der Rosenkavalier scritta da Richard Strauss negli ultimi anni della seconda guerra mondiale e La Valse composta da Ravel nel 1920. Il primo è una sintesi della “commedia in musica” del 1911 rivista a 35 anni di distanza: allegria a tempo di valzer mista a nostalgia per un tempo sognato ma che non c’è mai stato. Il secondo è anch’esso intriso di nostalgia in quanto omaggio al mondo sparito con la prima guerra mondiale. Viotti e l’orchestra li hanno resi splendidamente.