Si è conclusa ieri la due giorni di Giorgia Meloni in Algeria. Oltre all’incontro con il Presidente Abdelmadjid Tebboune e all’inaugurazione dei giardini intitolati a Enrico Mattei, cui è dedicato anche il piano di collaborazione con i Paesi africani che la Premier intende realizzare, la visita è servita a siglare cinque accordi di cooperazione, in particolare sul fronte energetico.
Come ci spiega Michele Marsiglia, Presidente di FederPetroli Italia, «non si è trattato solo di rafforzare le intese sulle forniture di gas raggiunte l’anno scorso dal Governo Draghi. A fine novembre è stato inaugurato da Eni e Sonatrach, nella zona sudorientale del Paese, il Solar Lab, che diventerà un impianto fotovoltaico da 10 MW. C’è anche il progetto di interconnessione elettrica con cavi sottomarini, simile a quello che verrà realizzato con la Tunisia. Va anche ricordato che un paio di settimane fa è stata perfezionata l’operazione di acquisto da parte di Snam del 49,9% delle partecipazioni di Eni nelle società che gestiscono i gasdotti che collegano l’Algeria all’Italia, che in futuro potranno essere utilizzati anche per il trasporto di idrogeno verde che si potrebbe produrre tramite appunto il fotovoltaico. Infine, Eni a settembre aveva acquistato le attività di BP in Algeria, che comprendono quelle riguardanti i due principali impianti di produzione di gas».
Insomma, l’Algeria è sempre più strategica per l’Italia, tanto che ha sostituito la Russia come primo fornitore di gas. Non è una mossa rischiosa, dal punto di vista geopolitico, visti anche i rapporti esistenti tra Mosca e Algeri?
L’Algeria ha un rapporto importante con la Russia, soprattutto dal punto di vista militare, ma l’anno scorso il ministro degli Esteri di Mosca Lavrov e il Presidente algerino Tebboune hanno siglato intese in altri settori. Occorrerà, dunque, stare in guardia.
All’inizio dell’anno su un quotidiano italiano è apparso anche un articolo in cui veniva evidenziato che in Algeria non c’è libertà di stampa, c’è di fatto un regime, ma l’Europa tace.
È un dato di fatto che più della metà dei Paesi con cui esistono accordi sulle forniture presenta instabilità politiche ed economiche. I Paesi del Medio Oriente e dell’Africa hanno forme di governo diverse dalla nostra, in alcuni casi vi sono conflitti interni o tra Stati stessi. Da un momento all’altro, quindi, potrebbero sorgere dei problemi. L’esempio della Libia è emblematico: ci sono situazioni di guerriglia permanente che a volte portano al blocco della produzione o dell’export. Per quanto riguarda l’Algeria, credo che l’unico problema che potrà esserci riguarda il prezzo delle forniture: Algeri ha già detto e fatto capire che seguirà l’andamento del mercato senza riservare condizioni particolari e che non intende essere sottoposta ad alcun price cap.
Possiamo comunque dire che con questa sostituzione Russia-Algeria il gas non ci costerà come prima, ma ci costerà di più…
Sì, sicuramente. Con la Russia c’erano dei prezzi completamente diversi. In generale, nonostante le quotazioni del gas siano recentemente scese, oggi a tutti i Paesi europei l’approvvigionamento sta costando di più.
Ad Algeri l’Ad di Eni, Claudio Descalzi, ha detto che nell’inverno 2024/25 potremmo azzerare le forniture di gas russo all’Italia. Cosa ne pensa?
Con Descalzi abbiamo posizioni più che condivise, anche se il dubbio di entrambi è quello che senza infrastrutture in Italia rischiamo di perdere gas, petrolio e tanta energia per la nostra nazione. I prossimi saranno anni particolari e caratterizzati da cambiamenti continui nell’indotto dell’Oil & Gas. Il 2024 lo vediamo ancora lontano.
Sarà comunque importante mantenere una presenza e un rapporto costanti con l’Algeria e gli altri Paesi fornitori.
Sarà sicuramente importante la politica estera italiana, che negli ultimi anni non ci ha per niente aiutato: con il Governo Conte siamo di fatto spariti dalla Libia. Non basta, infatti, che ci siano solo le compagnie Oil & Gas a siglare accordi e operare: lo Stato italiano, ai suoi più alti livelli istituzionali, deve mantenere un rapporto continuo con questi Paesi. In Libia, purtroppo, siamo stati abbandonati.
Bene quindi che oltre alla visita di Meloni in Algeria ci sia stata quella di Tajani in Egitto e che Urso abbia in programma di recarsi in Azerbaijan.
Il Governo Meloni, tramite anche questa road map chiamata Piano Mattei per l’Africa, si sta muovendo nel giusto verso e siamo contenti. L’importante è che continui in questa direzione.
Il giudizio sul Governo è positivo anche sul fronte interno, viste le preoccupazioni sui rigassificatori e la possibilità che gli enti locali possano fermare iniziative per aumentare la produzione nazionale?
Sembrerà strano, ma è il fronte esterno è più facile da affrontare rispetto a quello interno, perché, nonostante l’emergenza, l’Italia ha una cultura energetica ferma a 20 anni fa. C’è un’evidente difficoltà, nonostante le aperture, da noi ben recepite, sulle trivellazioni, e anche per quel che riguarda infrastrutture importanti come i rigassificatori: i comitati del no e le contestazioni sono tante. C’è quindi un Governo propositivo, ma credo vada fatto, insieme anche al nostro settore, un grosso lavoro perché non basta cambiare le leggi: andrebbe cambiata la mentalità energetica presente nel nostro Paese.
Nel frattempo le bollette restano a livelli insostenibili.
Sarà difficile tornare alla situazione di prima, anche perché ormai alcuni Paesi hanno compreso il grande gap strutturale di approvvigionamento europeo. Si è capito, quindi, che con il gas è possibile guadagnare molto. Se il TTF continuerà a mantenersi ai livelli di queste ultime settimane certamente una flessione si vedrà, ma è presto ancora per poter parlare di una stabilizzazione su questi prezzi. Per fare un esempio, anche un problema minimo su un rigassificatore come quello di Piombino potrebbe far risalire il prezzo. Come poi abbiamo visto nelle scorse settimane, mancando una strategia energetica a 360 gradi, appena si è attenuato il problema gas è emerso subito quello dei carburanti.
A questo proposito, tra non molto, il 5 febbraio, scatterà l’embargo sui prodotti raffinati russi.
Anche in questo caso riemerge la necessità di strutturarci meglio in Italia dal punto di vista energetico. L’indotto della raffinazione, infatti, è stato trascurato negli ultimi 15-20 anni, senza investimenti da parte dello Stato, né dalle compagnie petrolifere, salvo quelli relativi all’adeguamento degli impianti dal punto di vista dell’ecosostenibilità. L’Europa in generale è un po’ carente sul fronte della raffinazione e non riesce a soddisfare il proprio fabbisogno. Per questo deve importare, soprattutto gasolio dalla Russia. Quando scatterà il bando, ci saranno inevitabilmente ripercussioni sul prezzo.
Ci sono fornitori sostitutivi alla Russia vicini?
Sì, ma si replicherà la dinamica già vista con il gas: se, tolta la Russia, l’offerta per l’Europa si restringerà, inevitabilmente ci sarà una corsa verso i produttori alternativi, con i quali non ci sono accordi di lungo termine. I più vicini sono i Paesi mediorientali.
(Lorenzo Torrisi)
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