In questo periodo, fin dalla cosiddetta Fase 1, abbiamo assistito ad una grave lesione della libertà di culto da parte dell’autorità statale, anche se il conflitto giuridico non si è tradotto in un effettivo scontro istituzionale grazie all’adesione dei Vescovi italiani ai criteri decisi dal governo e volti al contenimento dell’epidemia. La Cei il 12 marzo aveva accettato la sospensione delle celebrazioni pubbliche “non perché lo Stato ce lo imponga, ma per un senso di appartenenza alla famiglia umana, esposta a un virus di cui ancora non conosciamo la natura né la propagazione”. Il decreto legge n. 19 del 25 marzo 2020, all’art. 1 co. 2 lettera h) stabilisce la sospensione delle cerimonie religiose, e quindi della possibilità di celebrare qualsiasi rito, non soltanto la Messa per i cattolici, per ogni confessione religiosa. Poco dopo il Dpcm del 26 aprile 2020 riprende tale sospensione.



In un mio comunicato stampa del 2 maggio, tra le altre cose affermavo: “Una volta accertato che per difendere il diritto alla vita, valore non negoziabile per tutti i cristiani, occorre rispettare anche in Chiesa le distanze di sicurezza e portare la mascherina, vorremmo che venisse rispettata la libertà della Chiesa e che i controlli sul numero degli accessi in chiesa, la misura della temperatura, l’uso delle maschere e la stessa autocertificazione, avvenissero fuori dalla chiesa e non all’interno”. Due i riferimenti espliciti:



1. uno all’articolo 2 degli Accordi di Villa Madama, il Concordato del 1984, dove si afferma che: “In particolare è assicurata alla Chiesa la libertà di organizzazione, di pubblico esercizio del culto, di esercizio del magistero e del ministero spirituale nonché della giurisdizione in materia ecclesiastica”; l’articolo 5 puntualizza ancor più chiaramente: “le forze dell’ordine non possono entrare in chiesa senza preavvisare le autorità ecclesiastiche, tranne in caso di grave e urgente necessità”;

2. l’altro all’art. 7 della Costituzione, secondo cui “lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani”. L’articolo successivo del medesimo Accordo soprattutto stabilisce, alla luce di tale premessa, che “la Repubblica italiana riconosce alla Chiesa cattolica la piena libertà di svolgere la sua missione pastorale, educativa e caritativa, di evangelizzazione e di santificazione”, e assicura di conseguenza “alla Chiesa la libertà di organizzazione, di pubblico esercizio del culto, di esercizio del magistero e del ministero spirituale nonché della giurisdizione in materia ecclesiastica”:



Ora però se le disposizioni su come celebrare la Messa con il popolo le detta lo Stato, ne consegue che i fedeli possono pensare che è lo Stato ad avere il diritto e il dovere di controllare la loro applicazione, non le autorità ecclesiastiche. E per questo oltre trenta senatori di area politica diversa avevano scritto al presidente Conte una lettera, chiedendo che venisse rispettato questo elementare principio su cui si fondano Costituzione e Concordato.

Tra la fase 1 e la fase 2 vale la pena ricordare un giro di cinque passaggi chiave, che appaiono strettamente collegati tra di loro: a) Conte sabato 2 maggio in diretta tv, annunciando un nuovo Dpcm, ribadisce che a parte i funerali, che potranno essere celebrati con un numero massimo di 15 persone, non ci sarà ripresa delle funzioni religiose neanche in fase 2. b) Nel giro di poche ore arriva la risposta risentita della Cei, che non sembra disposta a tollerare più a lungo quella che a tutti gli effetti appare un’ingerenza tanto più insopportabile dal momento che nella fase 2 molte altre attività riprenderanno, sia pure con la necessaria prudenza, le loro attività. c) La mattina dopo Papa Francesco nella sua omelia durante la Santa Messa a Santa Marta fa un richiamo generale alla prudenza, alla tutela della salute e alla collaborazione con il governo. d) La ministra dell’Interno Luciana Lamorgese, in una sua intervista su Avvenire, apre alla prospettiva di nuove possibili soluzioni per l’apertura delle chiese. e) Il cardinale Bassetti pubblicamente ringrazia il governo per la sua azione di tutela della salute individuale e della salute pubblica, lasciando intravvedere i margini di un nuovo accordo Cei-Governo.

In realtà con la fase 2 arrivano almeno due risposte positive, solo parzialmente soddisfacenti, ma indubbiamente volte a migliorare in modo significativo la partecipazione dei fedeli alla Messa.

a) La prima è l’approvazione di un emendamento nella giornata del 6 maggio 2020 al decreto legge 19/2020, coi voti dei partiti di maggioranza e di Forza Italia, col quale, ferma restando la sospensione delle cerimonie religiose di cui alla lett. h) del co. 2 dell’art. 1 del decreto, una lettera h bis) prevede l’adozione di protocolli sanitari, d’intesa con le varie confessioni religiose, per definire le “misure necessarie ai fini dello svolgimento delle funzioni religiose in condizioni di sicurezza”. Persone di area cattolica, di diversi partiti e movimenti, avevano presentato diversi emendamenti per chiedere la ripresa delle celebrazioni religiose, nell’ovvio rispetto delle misure di contenimento, sul presupposto che il parroco, o il rabbino, o il pastore, o l’imam mediamente avessero la stessa capacità di gestire l’ingresso nel luogo di culto come il responsabile di una qualunque libreria o di un qualunque supermercato. Nonostante il governo attuale ci avesse abituato ad una bocciatura aprioristica di tutto ciò che viene dall’opposizione, anche quando buon senso e senso della giustizia imporrebbero una diversa linea di condotta, questa volta l’azione congiunta di una parte dell’opposizione e della maggioranza ha creato una giusta convergenza. E ieri l’emendamento è passato.

b) La seconda risposta positiva è arrivata con il nuovo protocollo di accordo stipulato tra  Governo e Cei, che entrerà in vigore il prossimo 18 maggio: centenario per altro della nascita di Giovanni Paolo II. Il protocollo non fa che ribadire quanto da tempo chiedevano i fedeli di tutta Italia: la possibilità di poter partecipare alla santa Messa, di poter fare la Comunione e di potersi confessare, senza mettere a repentaglio nessuna delle misure di sicurezza che con una comunicazione martellante ci sono state trasmesse in questi giorni. In tutti i modi possibili: avvisi televisivi, annunci pubblicitari, multe, posti di blocco, certificazioni per andare in farmacia, sul posto di lavoro o dal proprio medico. Dalla distanza sociale alla mascherina, dal gel ai guanti, con l’obbligo del controllo della temperatura, come discriminante per sapere chi può entrare, dovunque sia, e chi no. E quindi il protocollo va oltre il numero delle 15 persone previste per i funerali e si spinge a prendere in considerazione le dimensioni delle chiese e delle antiche basiliche che dispongono di grandi spazi. Raccomanda di non darsi il segno della pace e di non raccogliere le offerte, entra nel dettaglio di norme igieniche per il sacerdote già sull’altare, perché usi gli ormai classici gel.  Alle persone di una certa età ricorda che il precetto della Messa domenicale per loro non è necessario e può essere sufficiente la Messa in streaming.

Unica novità: invece dell’acqua benedetta all’ingresso ci saranno i flaconi con prodotti igienizzanti… Tutto previsto e prevedibile con un’unica domanda che ancora attende risposta: davvero per stabilire tutto questo c’era bisogno dell’intervento di un capo di Gabinetto, del ministro dell’Interno e del presidente del Consiglio, per lo Stato italiano e del presidente della Conferenza episcopale, il tutto approvato e autorizzato anche dal comitato tecnico-scientifico, dove sono presenti esperti di moltissime aree diverse: virologi, microbiologi, infettivologi, geriatri, ematologi, grandi clinici, pneumologi, eccetera? Chissà: forse, ma solo forse, si sarebbe potuto semplificare il tutto e affidarsi al buon senso e alla fede profonda di tanti cattolici che a Messa ci vanno almeno una volta alla settimana… È stata un’attesa così sentita, che i cattolici comunque ringraziano e sperano che i rispettivi parroci sappiano mantenere le regole semplificando le procedure. L’importante alla fine sarà pregare.

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