Ieri a Berlino è stato firmato un accordo bilaterale di solidarietà tra Italia e Germania in materia di gas. Per l’Italia è salito a Berlino il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Pichetto Fratin, mentre per la Germania era presente il ministro dell’Economia Habeck. Leggiamo sul sito del ministero dell’Ambiente: “In base all’accordo l’Italia, attraverso il MASE, e la Germania, attraverso il Ministero Federale per gli affari economici e il clima, si impegnano ad attivare, in caso di emergenza, tutte le misure necessarie, di mercato e non, al fine di provvedere all’approvvigionamento di gas naturale dei clienti protetti della Parte richiedente, nel rispetto delle norme di sicurezza tecnica del sistema gas di ciascuna parte.” “Questo accordo”, ha spiegato Pichetto Fratin, “prevede misure di extrema ratio, con meccanismi di compensazione e di rispetto dei limiti dei sistemi di trasporto del gas, da attuare una volta esaurite le misure disponibili a livello nazionale, nel caso uno dei Paesi sia colpito da una grave crisi”.



Oggi il prezzo del gas in Europa è ai minimi da giugno 2021 e cioè da quando i mercati energetici europei hanno incominciato a incorporare l’aggravarsi della crisi in Ucraina con almeno sei mesi di anticipo rispetto all’invasione. Il prezzo del gas, che per un decennio era stato a circa 20 euro a megawattora, è arrivato alla fine di agosto 2022, dopo rialzi continuati senza sosta per oltre dodici mesi, oltre i 200 euro. Oggi siamo a circa 30 euro e sui mercati energetici europei le acque sono tranquille. La domanda di gas europea è scesa perché molte aziende e settori che lo trasformavano hanno dovuto chiudere o ridimensionare le produzioni, a causa dei prezzi e, soprattutto, perché l’Europa è stata graziata da due inverni eccezionalmente miti di fila. Nell’autunno del 2021 in Germania già si preparavano le liste dei settori a cui sarebbe stato imposto il blackout per consentire agli utenti di continuare ad accendere la luce. Da allora il settore europeo ha lavorato per scongiurare i rischi di una crisi, ma non siamo in una situazione sicura.



Per comprenderlo basta leggere una delle slide dell’ultimo piano industriale di Eni in cui si elencano alcuni fattori di volatilità e rialzi del prezzo del gas: il recupero della domanda asiatica, la limitata offerta di gas liquefatto, il recupero della domanda europea, la conclusione dell’accordo di transito del gas tra Ucraina e Russia nel 2024, l’incremento della domanda per stoccaggi e infine la “geopolitica”. L’Europa è fragile perché ha risorse limitate naturali, ha interrotto le relazioni con il suo fornitore storico di gas, la Russia, e assiste sia alle tensioni nel Mediterraneo, da Gaza ai problemi in Libia, sia ai rischi nel Mar Rosso.



La transizione energetica non può essere una risposta nel breve periodo sia per i suoi costi enormi, per le imprese e per le famiglie, sia perché manca la possibilità di immagazzinare l’energia in eccesso. Inoltre, tutti gli sforzi per l’elettrificazione, sia per la mobilità che per il riscaldamento, comportano nuova domanda di energia elettrica a fronte di un’offerta limitata. Nessuno sa se ci sarà un’altra crisi del gas e dei mercati energetici ma nessuno può escludere che ci possa essere viste le tensioni geopolitiche attuali e il rischio di un inverno rigido.

L’Italia è in una posizione migliore della Germania per la sua posizione geografica, per i gasdotti che la attraversano e, anche, per il ruolo di Eni. La questione quindi diventa a quali condizioni scatti l’accordo di solidarietà e quali sacrifici, eventualmente, dovranno fare gli italiani e le loro imprese per garantire “l’approvvigionamento di gas naturale dei clienti protetti della Parte richiedente”. I sacrifici, immaginiamo, possono riguardare sia le quantità che i prezzi. Qualsiasi evoluzione in questo senso è socialmente e politicamente sensibile. Nel frattempo non si segnala alcuna volontà di incrementare la produzione di gas italiana. Dopotutto bisogna fare la transizione a qualsiasi costo. Il problema è calare nella realtà, anche dei cittadini, cosa sia questo “qualsiasi costo”. La percezione è ancora che si debba “solo” pagare un po’ di più, non che si rischi di rimanere al freddo e al buio o, ancora prima, di compromettere il sistema industriale.

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