Dieci anni di accordo con l’Ucraina: militare ma anche, in qualche modo, industriale. L’intesa, firmata sabato a Kiev dal presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e da Volodymyr Zelensky, prevede che, in una fase successiva alla guerra, in caso di nuovo attacco russo, l’Italia dovrà intervenire entro 24 ore per sostenere Kiev, dovrà addestrare i soldati ucraini, anche con esercitazioni nel loro Paese. L’intesa riguarderà pure l’industria della difesa. Roma poi vuole contare anche nella ricostruzione.



Anzi, proprio in questi due ultimi ambiti, spiega Giuseppe Morabito, generale con al suo attivo diverse missioni all’estero, fondatore dell’IGSDA e membro del Collegio dei direttori della NATO Defense College Foundation, la collaborazione tra i due Paesi, viste le competenze acquisite dagli italiani, potrà essere più proficua. Roma, d’altra parte, sarà sede della Conferenza internazionale per la ricostruzione e proprio in questo ambito le nostre aziende potrebbero trovare spazio, ad esempio nel campo delle infrastrutture.



Nell’accordo si parla anche di otto pacchetti di aiuti militari nel 2022 e nel 2023 e di altrettanti in arrivo nel 2024, senza specificare, però, il tipo di armi da fornire all’Ucraina e la quantità delle stesse. Altri Paesi, come la Germania, che insieme a Francia, Gran Bretagna e Canada ha stretto un patto dello stesso tipo con Zelensky, hanno specificato tutto.

Generale, l’accordo con l’Ucraina durerà dieci anni: un impegno sul lungo periodo. Come potrà svilupparsi?

Si spera che non siano dieci anni di guerra, ma un periodo nel quale si potrà dare soprattutto un supporto alla ricostruzione. L’accordo è un modo per dare sostegno anche dal punto di vista politico e sociale all’Ucraina, in un momento in cui sta sopportando grandi sacrifici.



L’accordo di sostegno militare, con intervento entro le 24 ore, come e quando verrà attuato?

È un’anticipazione di quello che potrebbe succedere in caso ci fosse un attacco dopo l’ingresso dell’Ucraina nella NATO. È tutto futuribile. Questi accordi vanno sempre inquadrati nello scenario in cui dovrebbero venire attuati. L’Italia, d’altra parte, non può intervenire in nessun conflitto se non c’è l’approvazione del Parlamento: lo prevede la Costituzione. Questa intesa di principio, al momento opportuno, verrà portata in aula, così come è stato per la missione nel Mar Rosso.

Perché l’Italia non ha specificato il tipo di armi da fornire e la loro quantità?

Gli aiuti militari sono coperti da segreto: è stato così in altre occasioni simili. Non vedo perché dovrebbero dirlo in anticipo.

L’Italia si impegna anche a favorire l’entrata dell’Ucraina nell’Unione Europea e nella NATO. Due obiettivi raggiungibili?

Si tratta di iter che comportano difficoltà molto simili. L’entrata nella NATO non è automatica; prima di arrivarci, bisognerà, ad esempio, che l’Ucraina risolva i suoi problemi di confine. Non ci devono essere questioni aperte con i Paesi vicini. Questo per evitare il ricorso all’articolo 5, che prevede il sostegno degli altri Paesi NATO alla nazione che dovesse essere attaccata. Bisognerà vedere, insomma, come si concluderà il conflitto in corso con la Russia. Una volta sistemati questi aspetti, l’Italia farà di tutto per far aderire l’Ucraina all’Alleanza atlantica.

Quando sarà possibile, le nostre forze armate potranno condurre esercitazioni anche in Ucraina: un legame quasi da Paese NATO?

È un legame da Paese amico. Quando la situazione attuale sarà sistemata, si potranno fare esercitazioni comuni per il coordinamento e il controllo delle forze in caso di impiego futuro. L’Italia fa esercitazioni con Paesi alleati e amici da sempre, anche con quelli che non sono nella NATO. Abbiamo usato un poligono in Egitto, anche se non fa parte dell’Alleanza. Non c’è niente di strano nell’addestrarsi per coordinarsi con altri Paesi, e così sarà in Ucraina una volta che non sarà più in conflitto con altre nazioni.

Uno dei punti dell’accordo prevede l’interazione Italia-Ucraina anche per quanto riguarda l’industria della difesa. Cosa può significare?

Alla fine della guerra con i russi, bisognerà riorganizzare l’esercito ucraino e sistemare le scorte. L’Ucraina, per quanto ha potuto, ha organizzato un’economia di guerra; questa capacità, sempre a conflitto finito, potrebbe essere sfruttata anche a favore di altri Paesi. Ma per riorganizzarsi, Kiev avrà bisogno della tecnologia di altre nazioni. L’Italia, tramite Leonardo, potrà fornire un grosso contributo.

La collaborazione riguarderà anche la ricostruzione?

Ci sono settori, come quello delle infrastrutture, in cui noi siamo all’avanguardia. Quando sarà il momento, potremo dire la nostra nel settore delle grandi opere. Possiamo contribuire notevolmente anche nel settore agricolo. La cosa più importante che può fare l’Italia è aiutare la ricostruzione dal punto di vista sociale, industriale ed economico.

(Paolo Rossetti)

 

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