Il Consiglio affari interni dell’Unione Europea, riunito in Lussemburgo, ha raggiunto ieri un accordo sulla redistribuzione dei migranti nei Paesi europei che lo hanno sottoscritto (15 su 27). 

Il patto si basa su tre sostegni: un meccanismo di solidarietà, consistente nella redistribuzione, in caso di grave crisi migratoria, dei migranti che arrivano nei paesi di primo ingresso, lo screening e la digitalizzazione delle informazioni (Eurodac) secondo quanto previsto dai regolamenti già in vigore. I Paesi che invece non sono in condizione di accogliere darebbero contributi finanziari al Paese ospite.



Non tutti gli elementi dell’accordo sono noti, mentre altri andranno definiti nei prossimi giorni da parte dei Paesi aderenti alla “piattaforma di solidarietà”. Il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese ha parlato di “avanzamento di rilevanza strategica”; tuttavia un esame più ravvicinato dei dettagli rivela che molti problemi restano aperti, e guarda caso sono quelli decisivi, spiega al Sussidiario Mauro Indelicato, giornalista di InsideOver.

Oluwafemi e 4 suoi compagni di viaggio della Sierra Leone, dopo l’imbarco in Libia, ora sono a Lampedusa, raccolti da una nave Ong. Che cosa succede, sulla base di quanto stabilito a Lussemburgo? 

Se dovesse essere riconosciuto all’Italia di trovarsi sotto pressione e al cospetto di un’emergenza legata ai flussi migratori, allora scatterebbe il piano solidaristico previsto dall’accordo in questione. Si aprirebbero così due scenari. 

Vediamoli.

Il primo riguarda la redistribuzione dei migranti arrivati a Lampedusa. E dunque i cittadini della Sierra Leone citati andrebbero a essere trasferiti in uno o più Paesi che, su base volontaria, accettano una quota di persone sbarcate in Italia. 

E l’altro scenario?

L’altro scenario invece riguarda il caso di una mancata solidarietà sulla redistribuzione. A quel punto i Paesi che non accettano l’arrivo dei migranti ospitati a Lampedusa darebbero dei contribuiti finanziari al governo di Roma. 

E i cittadini della Sierra Leone?

Rimarrebbero in territorio italiano, ma il costo dell’accoglienza verrebbe in parte pagato da altri Paesi comunitari. 

Cosa cambia rispetto a Malta 2019?

Per la verità non molto. Perché la redistribuzione, come detto, avviene su base esclusivamente volontaria. Proprio come previsto non solo nel documento di Malta, ma anche in tutte le altre bozze di modifica dei regolamenti. Non ci sono meccanismi automatici di solidarietà, tutto viene lasciato alla discrezionalità dei Paesi Ue. 

Quindi si rischia di tornare sostanzialmente al punto di partenza. 

Sì. L’unica vera novità sta nell’introduzione del meccanismo di solidarietà finanziaria verso i Paesi che subiscono la crisi migratoria. 

E se la “solidarietà” manca? O viene attivata a fasi alterne?

Ecco, questo è il vero nocciolo della questione. Perché si parla di una solidarietà da attivare in caso di riconosciuta crisi migratoria. Vale a dire che la redistribuzione, oppure il contributo finanziario di un altro Paese, non scattano automaticamente non appena un gruppo di migranti arriva nel nostro territorio. Domani potrebbero sbarcare 500 persone nel giro di 24 ore, ma non per questo si potrà considerare l’Italia in crisi. Non è detto cioè che scatti sempre il meccanismo di solidarietà e non è chiaro quando esso possa scattare. 

Dobbiamo aspettarci un meccanismo alla Renzi 2016, cioè più flessibilità sui conti in Europa in cambio di accoglienza?

La linea del governo Renzi nell’anno più difficile sul fronte migratorio, il 2016 per l’appunto, era proprio quella di sperare in una linea più morbida dell’Ue e in più finanziamenti per via della crisi che stavamo gestendo. Tuttavia quella linea non è stata coronata da successo e l’ex sindaco di Firenze è riuscito solo parzialmente nel suo intento. Oggi forse a Roma si è tornato a sperare in maggiori contribuiti in caso di crisi legata ai flussi migratori, ma come la mossa non è riuscita all’epoca, potrebbe non riuscire adesso. 

Non credi che l’Italia vada incontro a conseguenze potenzialmente esplosive?

Secondo l’Ocse, in Italia entro il dicembre 2022 dovrebbero arrivare 175mila profughi ucraini. A questo numero, alla fine dell’anno, occorrerà poi aggiungere quello dei migranti sbarcati lungo le nostre coste. E se il trend dovesse essere quello osservato nei primi 5 mesi, a dicembre si potrebbe arrivare a contare anche più di 80mila persone sbarcate. Dunque, in totale, il nostro Paese potrebbe farsi carico di quasi 300mila tra profughi e migranti.

E in termini di costi?

Soltanto l’accoglienza degli ucraini arriverebbe a costare, sempre secondo l’Ocse, lo 0,1% del Pil. Una cifra importante tradotta in termini assoluti e che potrebbe pesare non poco per un’Italia alle prese con l’inflazione, l’aumento dei prezzi dei beni di prima necessità e un rallentamento della ripresa post–Covid. L’impatto dell’immigrazione quindi potrebbe essere importante. 

In un tuo servizio hai accennato anche ad un difetto insito nell’algoritmo “solidaristico”: puoi spiegarci meglio?

La solidarietà scatta unicamente in caso di sbarco avvenuto tramite navi militari o navi Ong. Non quindi in caso di approdo autonomo, casistica di gran lunga più diffusa nella dinamica della rotta migratoria che interessa l’Italia. Non è al momento dato sapere se anche nell’accordo delle ultime ore i meccanismi di solidarietà siano o meno legati alla tipologia di sbarco. Se così fosse, questo costituirebbe un’ulteriore incognita per noi. 

Cosa pensi invece delle due novità consistenti in screening e database?

Sono in linea con la volontà di attuare maggiori controlli alle frontiere esterne dell’Ue. Una volontà emersa in Europa dopo la crisi, scoppiata nell’ottobre dell’anno scorso, legata alla rotta bielorussa. 

È vero che il promotore politico dell’accordo è stata la Francia?

La Francia sta per concludere il suo semestre di presidenza dell’Unione Europea ed Emmanuel Macron ha sempre lasciato intendere di voler arrivare, durante questo periodo, a un accordo sull’immigrazione. L’Eliseo ha quindi lavorato per promuovere l’intesa. Anche perché il tema è tra i più sentiti a livello di politica interna. 

Noi, paese di primo approdo, che ruolo abbiamo svolto? 

Abbiamo a più riprese, anche prima di Draghi, provato a chiedere un meccanismo automatico di redistribuzione dei migranti. Alla fine abbiamo accettato un compromesso relativo alla possibilità di ricevere finanziamenti in caso di comprovata crisi migratoria. Vedremo se tale compromesso si rileverà o meno positivo.

(Federico Ferraù)

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