“La corsa per la sostituzione delle forniture di gas russo? Una messinscena”. È il commento severo di Salvatore Carollo, esperto di trading energetico, in merito alla notizia dell’accordo di fornitura di gas con l’Algeria che porterebbe nel gasdotto con approdo a Mazara del Vallo volumi crescenti fino a raggiungere nel 2024 nove miliardi di metri cubi di gas.
Così un terzo del volume delle importazioni russe sarebbe coperto…
C’è un equivoco di fondo che nessuno intende chiarire. Delle due l’una. O la Russia decide unilateralmente di interrompere l’approvvigionamento tramite il gasdotto che, attraversando l’Ucraina, arriva fino a Tarvisio per agganciarsi alla rete Snam nazionale. In questo caso oltre a mettere in grave in difficoltà l’Italia, ci sarebbe una violazione degli obblighi contrattuali che giustificherebbe l’attuale corsa all’impazzata a fornitori sostitutivi. Nella realtà, la Russia proprio per dimostrare che non sta usando il combustibile come un’arma di pressione, ha addirittura aumentato del 20% il gas diretto verso l’Italia. Del resto, anche dopo 7 settimane di conflitto, la pipeline continua a funzionare. Così come i russi continuano puntualmente a versare le royalty di passaggio alla stessa nazione che bombardano.
Oppure?
Oppure fare a meno del gas russo è una scelta politica. Una decisione del Governo che costringe le società contraenti, soggetti privati come Eni, Enel, Edison, a rompere i contratti con il fornitore russo Gazprom. Tuttavia, in assenza di un’interruzione dei flussi da parte di Gazprom, far valere una causa di forza maggiore in sede arbitrale sarebbe impossibile. Alle aziende toccherebbe pagare le forniture fino alla scadenza contrattuale, oltre ai danni per violazione dei patti contrattuali.
Ma anche nel caso di un embargo deciso dal Governo, oppure imposto dall’Europa?
Sì, solo nel caso il veto arrivasse da un’istituzione sovranazionale alla quale entrambe le parti aderiscono, le Nazioni Unite per esempio. Il contratto è stato stipulato tra società energetiche private e non tra lo Stato russo e la Repubblica italiana.
Come sono regolate le forniture di gas dalla Russia?
Sono dei contratti Take or Pay, in pratica ritiri il combustibile o devi pagare comunque se vuoi interrompere prima. Sono tipologie di contratto molto diffuse sul mercato energetico. Con durata pluriennale e un prezzo fissato anticipatamente, garantiscono al produttore il recupero degli investimenti e della costruzione del gasdotto.
Fra quanto scadono i contratti Take or pay con Gazprom?
Ci sono diverse gamme di scadenza; indicativamente il 60% arriva al 2028, e circa un altro 20% sarà in essere fino al 2035.
Quindi come interpreta allora l’intensa attività del Governo per il piano di sostituzione? L’accordo con l’Algeria?
Tattiche. Ha per caso letto un comunicato congiunto del Governo di Algeri e quello di Roma? No. Semplicemente l’Algeria ha ricevuto un partner storico, ha dato la sua disponibilità per costruire dei contratti a lungo termine relativi a un piano articolato che comprende gas ma anche idrogeno e rinnovabili. Attualmente l’Algeria ha saturato la sua capacità produttiva; nessun volume addizionale senza prima realizzare degli investimenti per sviluppare nuovi giacimenti. I primi flussi di gas aggiuntivi arriveranno in Italia, nel migliore dei casi, tra 2 o 3 anni.
Le missioni in Africa, allora, in Congo, Mozambico, Angola?
Nessuna azione commerciale d’impatto a breve, e sono tutte situazioni complesse con tempi incerti. Il Congo non ha riserve accertate certificate. Sono al massimo “bolle” di gas che richiedono investimenti sproporzionati per meno di un miliardo di metri cubi. Il gas dell’Angola è quello associato all’estrazione di petrolio; è di qualità scadente e in quantità variabile. L’impianto di liquefazione che tratta il gas angolano appartiene a una joint-venture di cui Eni possiede 12%. Può il Governo italiano pretendere che la produzione venga dirottata tutta qui? In Mozambico, la situazione è persino più complicata. Eni ha scoperto un piccolo giacimento, ha investito in un impianto di liquefazione galleggiante e ha già venduto a termine tutta la produzione di Gnl al gruppo britannico BP. Toccherebbe riacquistarlo sempre che il gruppo britannico sia disponibile.
Pagandolo caramente?
È evidente che il gas liquido lo pagheremo almeno 3 volte più del gas russo. Con in sovrappiù gli investimenti in infrastrutture per la sua immissione in rete. Imprese e cittadini si troveranno bollette ancora più salate. Stessa storia per il gas “offerto” dal presidente Biden. A vendere la commodity statunitense sono società private; le aziende importatrici italiane si troverebbero in competizione con altri compratori dell’Estremo oriente. Già ora il prezzo si è duplicato e quindi se vuoi accaparrartelo devi essere pronto a pagarlo più dell’operatore giapponese.
Sul raddoppio della capacità del tanto osteggiato gasdotto TAP possiamo contare?
Il Governo di Baku ha dato disponibilità, ma rappresenta il 20% della joint venture che controlla il gasdotto, bisogna convincere gli altri operatori. Prima però bisogna verificare se c’è disponibilità di risorse di gas per i prossimi 10-15 anni da giustificare l’investimento sull’infrastruttura. Anche questo richiede diversi anni.
Rimane l’aumento della produzione nazionale di gas?
Con giacimenti individuati e certificati possiamo arrivare a oltre 10 miliardi di metri cubi in un paio di anni. Si sarebbe dovuto impostare un programma tipo Sblocca Italia per aprire alla possibilità di nuove autorizzazioni all’estrazione di gas nel sottosuolo nazionale e investimenti di livello nel settore. Invece con un tempismo autolesionistico, dopo anni di ibernazione, a febbraio, è stato approvato il Pitasai, il piano che restringe le aree estrattive.
In conclusione?
Non si capisce che cosa intenda fare il Governo con questi accordi di facciata e visite di cortesia. Forse ritiene che la guerra non andrà avanti ancora per molto tempo e, prima del prossimo inverno, si tornerà alla situazione di prima. Altrimenti, se voleva fare sul serio, Draghi si recava, come ha fatto la pragmatica Germania, in Qatar per negoziare con un grande produttore di gas liquido. Quello che è certo è che non possiamo permetterci di continuare a pagare il gas russo “insieme” al gas alternativo. Il peso sulle bollette e sulle imprese diventerebbe tragico.
(Patrizia Feletig)
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