Per la prima volta dall’inizio del conflitto, Ucraina e Russia firmano una intesa. Non la firmano direttamente (Kiev firma con la Turchia e l’Onu e stessa cosa fa Mosca), ma è un passo importante dopo mesi in cui la sola voce che si era sentita era quella dei missili e dei cannoni.

“Si intravede finalmente una luce in fondo al tunnel” ci ha detto in questa intervista il generale Giuseppe Morabitodiverse missioni all’estero, membro fondatore dell’Igsda e del Collegio dei direttori della Nato Defense College Foundation, “è un’intesa che porta in primo piano esigenze umanitarie e economiche invece che militari”. Sarebbero, secondo stime ufficiose, 25 milioni le tonnellate di grano e altri cereali che potranno finalmente riprendere la via del mare per raggiugnere i mercati internazionali, soprattutto quelli dei paesi del Nord Africa che rischiavano di andare verso una carestia devastante.



“Che sia un fatto importante” ci ha detto ancora Morabito “lo dice il fatto che già all’annuncio del trovato accordo il prezzo del frumento sia tornato immediatamente ai livelli precedenti l’attacco russo”.

Si era detto che il grano fosse un’arma per i russi per mettere in ginocchio l’economia ucraina. Il fatto che Mosca abbia acconsentito all’accordo per il via libera vuol dire che la stessa Russia aveva bisogno di riprendere il commercio?



È un momento importante, perché dall’inizio del conflitto per la prima volta si è arrivati a un accordo, cosa che non era stata possibile fino ad ora. In un certo qual modo si vede la luce in fondo al tunnel. Certamente la Russia ha acconsentito perché ha bisogno lei stessa di esportare i cereali, ma anche i fertilizzanti. Altra cosa importante è che potranno uscire dal Mar Nero le loro navi, i fertilizzanti sono importanti ad esempio anche per l’Italia. Insomma, si torna a usare un linguaggio che non è solo quello delle armi. Attenzione però a non far passare questo accordo come una magia di Erdogan.



Perché? In fin dei conti è l’unico leader mondiale che è riuscito a mettere i due contendenti a un tavolo e far firmar loro l’accordo.

Erdogan, come tutto quello che fa, lo ha fatto per i propri interessi. Lo abbiamo visto con l’ingresso di Finlandia e Svezia nella Nato, concessione che ha fatto ottenendo in cambio mano libera con i curdi. Ha portato a termine questo trattato perché la maggioranza delle navi che erano ferme nei porti ucraini sono turche, adesso possono finalmente riprendere i loro viaggi che consistono principalmente nel portare il grano in Turchia e poi tornare a caricarne ancora, non andranno in Nord Africa. Si è mezzo in mezzo tra ucraini e russi per interessi nazionali.

Le navi potranno ripartire anche da Odessa; questo significa che la città non è più un obiettivo militare?

Odessa non si poteva conquistare, tantomeno controllare. Il suo porto era stato minato preventivamente dagli ucraini. I russi hanno rinunciato presto all’idea di sbarcare e si sono concentrati sul Donbass.

Altro elemento significativo è che le navi cariche di grano non avranno necessità di alcuna scorta militare. È un altro passo verso il ritorno di una economia di pace?

Saranno utilizzati quelli che si chiamano corridoi di navigazione, reti di passaggio che saranno o sono già state sminate. Questo non significa che nel resto del Mar Nero non ci siano più imbarcazioni militari o possibili lanci di missili sul territorio. L’accordo sul grano comunque non presuppone che navi russe scortino i cargo ucraini. 

Se il grano non è più un’arma militare, il gas lo è ancora?

Non è corretto parlare di armi militari in questi casi, si parla di armi strategiche. Il gas è uno strumento di ricatto internazionale che colpisce soprattutto la Germania, ma anche l’Italia. Noi almeno possiamo contare sui Paesi del Nordafrica come l’Algeria.

A proposito di guerra, invece, è stato dichiarato che la Russia schiererà riservisti nel sud dell’Ucraina. Cosa significa dal punto di vista militare?

Quando un territorio viene occupato, bisogna controllarlo. È meno difficile che fare azioni di combattimento. Ecco perché usano i riservisti invece delle forze addestrate, che possono così portare avanti le manovre di combattimento. Non si spreca personale esperto per il controllo del territorio.

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