Laconiche e dirette, lasciano poco spazio a interpretazioni le parole del ministro russo degli Esteri, Sergej Lavrov: “La Russia non vede alcuna ragione per estendere l’accordo sul grano ucraino“. Una pessima notizia che rischia di riflettersi in modo pesante anche sull’Italia. Il nostro Paese è infatti particolarmente esposto al possibile blocco delle esportazioni del cereale da Kiev che potrebbe seguire alla sospensione dell’intesa con Mosca. E questo perché, secondo quanto rileva un’analisi di Coldiretti sulla base dei dati Istat, nel primo trimestre 2023 le nostre importazioni di grano proveniente dall’Ucraina sono aumentate del 326% arrivando a superare quota 115 milioni di chili.



Con 1,76 milioni di tonnellate di prodotti agricoli tra grano, mais e olio di girasole, l’Italia si colloca del resto al quarto posto tra i Paesi che più hanno finora beneficiato dell’accordo, posizionandosi alle spalle della Cina, che guida la classifica con ben 5,2 milioni di tonnellate (21,5% del totale), della Spagna (4,1 milioni di tonnellate) e della Turchia (2,7 milioni di tonnellate).



Lo scenario che si potrebbe aprire promette dunque di farsi parecchio complicato: da un lato, infatti – nota Coldiretti – si tratta di “un’intesa importante per garantire gli approvvigionamenti nei Paesi più poveri dell’Africa e dell’Asia, ed evitare carestie che possano spingere i flussi migratori”. Qui però – fa notare sempre Coldiretti – è finora arrivato solo il 55% dei prodotti agricoli che, da agosto 2022 a febbraio 2023, hanno lasciato i porti di Chornomorsk (36,4% del totale), Yuzhny (35,8%) e Odessa (27,8%).

Dall’altro lato – continua Coldiretti -, “è necessario evitare speculazioni e distorsioni commerciali provocate dall’afflusso di grano ucraino sul mercato europeo”. Uno spettro concreto: “In Italia – continua Coldiretti – le quotazioni del grano tenero sono crollate del 30% nell’ultimo anno, su valori che sono scesi ad appena 26 centesimi al chilo. E che non coprono i costi di produzione”.



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