Cina e Unione Europea hanno raggiunto un accordo “di principio” sugli investimenti, che pone fine a sette anni di negoziati tra Pechino e Bruxelles. L’accordo raggiunto – come si legge in una nota della Ue – riveste “un grande significato economico” e “lega le due parti a una relazione sugli investimenti fondata sui valori e basata sui principi dello sviluppo sostenibile”. L’intesa servirà a “riequilibrare” il commercio e gli investimenti tra Cina e Ue, un “robusto meccanismo” di applicazione e monitoraggio, garanzie nei campi del trasferimento di tecnologia contro “pratiche distorcenti” e “chiari obblighi” per le imprese statali cinesi. Sulle implicazioni geopolitiche di questo accordo e sulle possibili conseguenze dei rapporti con gli Stati Uniti abbiamo parlato con Francesco Sisci, giornalista e sinologo.



L’accordo risolve tutti i problemi?

L’accordo non è una soluzione dei problemi commerciali ed economici, ma è un passo avanti. Ci sono ancora aree controverse: mancano meccanismi di verifica efficaci, molte aree di investimento sono ancora chiuse o semichiuse, ma ci sono anche progressi in settori importanti come l’automotive, le telecomunicazioni e la finanza. Quest’ultimo è particolarmente importante, perché la finanza cinese oggi è molto arretrata e chiusa e questo rende più difficile anche arrivare alla piena convertibilità del renminbi.



È Bruxelles che ha voluto accelerare sull’accordo?

Il punto vero, infatti, è perché la Ue ha voluto spingere su una fuga in avanti alla fine della presidenza tedesca e pochi giorni prima dell’arrivo di Biden, il prossimo 20 gennaio, alla casa Bianca. Biden aveva lanciato segnali che dicevano in sostanza alla Ue: “non affrettatevi, non firmate ora questo accordo”. D’altro canto, Bruxelles aveva detto a chiare lettere di voler collaborare con la nuova presidenza Biden dopo i quattro anni di confronto ruvido con la presidenza Trump. Non abbiamo risposte ufficiali e chiare, ma guardiamo le evidenze superficiali.



Si può dire che la Ue abbia fatto uno “sgarbo” agli Usa?

L’accordo Ue è stato firmato negli ultimi giorni della presidenza Trump, quindi prima facie è una risposta europea, al veleno, a quattro anni di rapporti spesso tesi con gli Usa. In questo periodo gli Stati Uniti hanno cercato di strappare alla Cina un accordo bilaterale, molto più ampio di quello attuale europeo. L’accordo è fallito, ma se fosse riuscito avrebbe lasciato l’Europa in una brutta situazione.

Quindi?

Oggi l’accordo Ue di fatto mette nei fatti un punto fermo: l’Europa non sarà un semplice burattino nella trattativa tra Usa e Cina. La Ue ha una sua politica, suoi interessi che vorrà perseguire.

È un accordo definitivo?

No. La Ue non sta alleandosi con la Cina né dichiarando guerra agli Usa. L’accordo deve essere ancora discusso e approvato dal Parlamento, e quindi può essere anche bocciato. Di fatto, quindi, l’accordo può diventare una piattaforma, forse non tanto di ingresso delle aziende europee in Cina, ma una base di discussione del nuovo rapporto Usa-Ue. L’Europa è arretrata in tanti aspetti delle nuove generazioni di telecomunicazioni, ma resta una superpotenza industriale, mentre gli Usa hanno perso molte industrie. Gli Stati Uniti hanno un contenzioso vecchio e pieno di ruggini a causa dei surplus dell’export tedesco. Questi sono tutti elementi che potrebbero rientrare in una discussione con l’America, mentre la Ue ha l’asso nella manica dell’accordo cinese.

A questo punto che cosa potrebbero fare gli Stati Uniti?

In futuro gli Usa potrebbero usare l’accordo tra Ue e Cina come momento di passaggio successivo per un loro accordo bilaterale, oppure l’accordo attuale Ue-Cina potrebbe essere alla fine bocciato a favore di un nuovo patto Usa-Ue. Quello che mi pare al momento improbabile, ma certo non impossibile, è che la Cina riesca a mettere Usa e Ue l’una contro l’altra e quindi, nella disputa atlantica, emerga come elemento dominante.

Perché lo ritiene improbabile?

È improbabile perché Usa e Ue sono unite da una serie di valori, interessi economici e una alleanza militare come la Nato. Quindi forse è più facile che Usa e Ue trovino una quadratura del cerchio dei molti problemi che si sono accumulati tra le due sponde dell’Atlantico dalla fine della Guerra fredda. Ma una spaccatura più profonda non è impossibile nel sogno di un rapporto nuovo, più promettente con la Cina. Sono tanti i matrimoni di 20 anni che finiscono perché uno dei due partner fugge con la fiamma trovata il giorno prima al bar. Ma sono anche tanti i matrimoni che diventano più forti proprio per avere superato una tentazione passeggera.

Quale vantaggio trae la Cina da questo accordo?

Credo che la Cina non abbia certo interesse a esasperare le tensioni con gli Usa e neanche a mettere zizzania nel rapporto tra Usa e Ue. L’interesse di lungo termine della Cina è continuare il suo sviluppo e per questo ha bisogno di un buon rapporto sia con gli Usa che con la Ue. In positivo, per la Cina, questo accordo può essere la dimostrazione che è disposta a fare dei passi avanti. Il problema di fondo rimane quanto sono lunghi questi passi e quanto velocemente arrivano. Ma certo la partita è tutt’altro che chiusa. Siamo solo alle prime mosse.

In questo accordo quanto ci guadagna il nostro paese?

Per l’Italia valgono due considerazioni, una di fondo e una di breve periodo. Quella di fondo è che l’Italia avendo perso riferimenti in America e in Europa è fuori da questa partita.

E nel breve?

È un bene che l’Italia non abbia cercato di prendersi uno spazio, senza capire bene la situazione avrebbe fatto disastri. Meglio il nulla di un disastro, specialmente in questo momento del nostro paese.

(Marco Tedesco)