Alla fine di agosto una delegazione vaticana guidata da monsignor Claudio Maria Celli, presidente emerito del Pontificio consiglio delle comunicazioni sociali, sarebbe arrivata in Cina, secondo quanto dice l’agenzia di stampa Nova, per trattare per conto del Papa il rinnovo del misterioso accordo siglato nel 2018 tra la Santa Sede e Pechino sulla nomina dei vescovi. Accordo che in sostanza, come ci ha spiegato in questa intervista Massimo Introvigne, sociologo e fondatore del Cesnur, “ha permesso ai cattolici dissidenti di uscire dalla clandestinità e ha tolto ogni scomunica alla cosiddetta Chiesa patriottica cinese in cambio della cessazione della persecuzione nei confronti di chi non riconosceva la chiesa del partito comunista”. Un accordo fortemente criticato e soprattutto totalmente segreto nei suoi contenuti precisi: “Quello che nessuno si chiede è che cosa sarebbe successo ai cattolici usciti dalla clandestinità se l’accordo non fosse stato rinnovato”.
Si sa qualcosa del nuovo accordo? Il segretario di Stato della Santa Sede, cardinale Pietro Parolin, aveva espresso la speranza che il rinnovo dell’intesa con Pechino sarebbe stata l’occasione per “fare precisazioni o rivedere alcuni punti”.
Permane la segretezza assoluta. In realtà, ci sono siti specializzati, che tutti sanno essere collegati all’intelligence americana, dove prima o poi tutti i documenti segreti del Partito comunista cinese vengono pubblicati, anche documenti segretissimi, come le istruzioni alla polizia su come trattare i dissidenti. Questo documento invece non è mai uscito fuori e si dice che il suo contenuto sia conosciuto al massimo da dieci persone. Ci sono misure straordinarie per la sua segretezza, che funzionano anche contro chi riesce normalmente a impadronirsi di altri documenti.
Per cui non possiamo dire se ci sono novità rispetto al passato?
Credo non ci siano novità, come il Papa e Parolin avevano fatto intendere. Immagino ci si sia limitati a firmare un documento composto di una sola riga, del tipo “si conferma che per altri due anni si prosegue”. L’accordo da conoscere sarebbe quello originario. Sul rinnovo sussistono tutte le criticità che osservatori di tutto il mondo hanno avanzato contro questa nuova firma.
Quali esattamente?
Non è stato affrontato sicuramente nessuno dei problemi relativi a quei cattolici che non accettano l’accordo, ma che la Santa Sede dice non vengono scomunicati e restano ancora cattolici, sebbene cattolici che sbagliano, secondo il commento di Parolin. Continuano a esserci cattolici in prigione e perseguitati. Il caso del cardinale Zen – non sappiamo neppure se l’accordo è operativo anche a Hong Kong – è esemplare del fatto che gli attacchi e le persecuzioni continuano. Questi problemi non sono risolti.
La Santa Sede ne esce sconfitta?
Credo che nessuno si sia posto il problema dell’altro scenario: cosa sarebbe successo se l’accordo non fosse stato rinnovato?
Intende dire che occorre chiedersi cosa sarebbe successo ai cattolici emersi dalla clandestinità nel 2018 e che si sono fidati del Vaticano?
Ammesso che non fossero già noti alla polizia allora, adesso lo sono, per cui non possono tornare in clandestinità. Una volta firmato l’accordo del 2018 si è creata una situazione come fra l’incudine e il martello.
Ci spieghi.
Rinnovare l’accordo espone alle critiche: ad esempio, che il governo cinese non sia mai stato in buona fede e non abbia mai risolto i problemi pendenti, né allentato la morsa sui dissidenti. D’altro canto, non rinnovarlo avrebbe portato a conseguenze a cui nessuno pensa. Come ho detto prima, i cattolici riemersi che fine avrebbero fatto? È facile, per così dire, rimanere in clandestinità; ma una volta che se ne esce, poi non è più possibile tornarvi.
Non conoscendone il contenuto, non possiamo neanche dire se Pechino rispetta l’accordo oppure no, non crede?
Certo, però dubito che ci sia scritto che bisogna mettere in prigione i cattolici dissidenti. Quello che sappiamo dal Papa e dal documento interpretativo, che almeno dice qualcosa, emanato dalla Santa Sede nel 2019, è che lo spirito dell’accordo sarebbe stato un atteggiamento più rispettoso nei confronti dei dissidenti. Ma con certezza possiamo dire che questo non si è verificato. L’unica cosa che si è verificata sono frutti formali, ad esempio che i vescovi della chiesa patriottica non sono più scomunicati formalmente e non c’è più lo scisma. Questa è una cosa cui la Santa Sede evidentemente tiene molto.
È vero che la chiesa patriottica non ha mai fatto alcun riferimento a questo accordo?
Sì, è vero. Anzi si è tenuto recentemente un congresso della chiesa patriottica in cui non si è mai fatto il benché minimo cenno al Papa e al Vaticano. Probabilmente la diplomazia vaticana ragiona in termini di decenni, e vorrà vedere gli effetti sul lunghissimo termine, anche se sul breve sembrano negativi. Per il Vaticano dire formalmente che non c’è più una chiesa scismatica è il risultato migliore che potesse ottenere.
(Paolo Vites)
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