Condannata a 13 anni e 8 mesi in rito abbreviato, per concorso esterno in associazione mafiosa, Lorena Lanceri, la donna che ha accudito Matteo Messina Denaro per alcun mesi, durante la sua latitanza. Il gup di Palermo ha condannato invece a 6 anni e 8 mesi il marito Emanuele Bonafede, imputato di favoreggiamento e procurata in osservanza della pena. Alla “vivandiera” del boss mafioso, a lei legato sentimentalmente, era stato contestato inizialmente il favoreggiamento. Nel corso delle indagini l’accusa è stata modificata. Per Giovanni Luppino, arrestato insieme a Messina Denaro il 16 gennaio scorso, si complica la posizione: per gli inquirenti il suo ruolo passa da autista a capomafia.



Un imprenditore trapanese ha deposto al processo in cui Luppino è accusato per associazione mafiosa: ha raccontato che l’imputato, nel novembre del 2022, pochi mesi prima della cattura del boss, gli chiese il pizzo per conto dello stesso Messina Denaro. “Mi propose un incontro dicendomi di lasciare a casa il cellulare e poi mi chiese un aiuto economico per il capomafia” ha raccontato. Il testimone, davanti al pm Gianluca De Leo, ha rivelato ancora: “Io rifiutai. Dissi che certe cose non le facevo e che se fosse accaduto qualcosa a me o ai miei familiari sarei andato dai carabinieri”. Viene così smentita la tesi difensiva di Luppino, che prima ha sostenuto di non conoscere la vera identità dell’uomo al quale faceva da autista, per poi aggiungere di aver scoperto chi fosse in un secondo momento, spiega Rai News.



Matteo Messina Denaro, cambia anche la posizione di Giovanni Luppino

Giovanni Luppino, “autista” di Matteo Messina Denaro, ha raccontato dei passaggi dati al boss solo in un secondo momento. Per gli inquirenti, però, si tratterebbe di un capomafia. All’imprenditore gli inquirenti sono arrivati attraverso le intercettazioni. L’uomo si sarebbe lamentato della richiesta di pizzo al telefono. Luppino, nella scorsa udienza, aveva affermato: “Andrea Bonafede, mio compaesano che non frequentavo abitualmente, nel 2020 mi presentò un uomo, sostenendo che fosse suo cugino e chiedendomi di accompagnarlo a Palermo per delle cure”. Un giorno, secondo “l’autista”, il passeggero si sarebbe sentito male e avrebbe detto: “Portami a casa, sono Messina Denaro non posso andare in ospedale”. Così, “per ragioni umanitarie”, sapendo che il boss era gravemente malato, l’imputato l’avrebbe continuato ad accompagnarlo alle terapie.



Matteo Messina Denaro gli avrebbe lasciato, di volta in volta, nella cassetta della posta un biglietto con l’orario dell’appuntamento successivo. La versione non ha mai convinto gli inquirenti nonostante Luppino abbia negato di aver rapporti di frequentazione con Bonafede e con la cugina Laura, un’altra favoreggiatrice del boss. Non è però così: la donna avrebbe battezzato i figli dell’imprenditore, spiega Rai News. “L’autista” avrebbe portato il boss mafioso in clinica per ben 50 volte in due anni.