La minaccia al nostro Made in Italy questa volta viene dal bel mezzo del Mediterraneo. Cipro ha notificato alla Commissione europea una modifica alle proprie leggi alimentari, introducendo la possibilità di chiamare “aceto balsamico” una miscela di aceto, mosto d’uva e zucchero, esattamente come già un anno fa aveva fatto la Slovenia con il Prosek.
“È in atto un attacco inaudito all’Aceto Balsamico di Modena da parte dei Paesi europei le cui leggi non prevedono la possibilità di utilizzare la denominazione ‘aceto balsamico’ per un aceto e che cercano quindi di cambiarle per potersi appropriare del nome e sfruttare il successo dell’originale prodotto modenese IGP, conosciuto e consumato in tutto il mondo”, tuona Mariangela Grosoli, Presidente del Consorzio Tutela Aceto Balsamico di Modena, che dichiara di essere venuta a conoscenza “per via assolutamente informale e casuale” solo il 7 settembre della mossa fatta da Nicosia lo scorso 22 giugno.
Un ritardo che potrebbe costare caro all’Italia: Bruxelles contempla infatti la possibilità di esperire procedure di opposizione, ma i tre mesi previsti per presentarle scadono il 22 settembre. Un tempo strettissimo per poter preparare i documenti necessari. E da qui la netta presa di posizione del Consorzio di Tutela, secondo cui “è di estrema gravità” il fatto che il Ministero abbia comunicato solo l’8 settembre quanto avvenuto. “Anzi – precisa polemicamente una nota ufficiale del Consorzio -, in verità è di estrema gravità che non lo abbia ancora comunicato formalmente, visto che la scoperta da parte del Consorzio è stata del tutto casuale”.
“Tra giugno e luglio scorsi – afferma Grosoli – il caso sloveno era sui media, sulla bocca di tutti e sul tavolo del Governo per la procedura di infrazione finalmente autorizzata dal Consiglio dei ministri, grazie anche al lavoro e sostegno del Ministro Patuanelli e del Sottosegretario Centinaio: proprio per questo dispiace verificare la scarsa attenzione data dagli uffici del MIPAAF a questo caso del tutto simile a quello sloveno. Al di là delle responsabilità, che andranno comunque verificate, ora serve un cambio di passo deciso e immediato per supportare il tanto lavoro svolto dal nostro Consorzio e da tutti i produttori. La cosa non danneggia solo – e gravemente – il nostro Consorzio e il prodotto, che oggi ha un valore di mercato di 1 miliardo di euro e dà occupazione a migliaia lavoratori del comparto, ma danneggia tutto il sistema delle Indicazioni Geografiche e la credibilità delle nostre Istituzioni. Chiediamo, quindi, il massimo sforzo e attenzione per reagire a questo ennesimo attacco rispettando i tempi strettissimi entro cui il Governo dovrà presentare la propria posizione. A questo punto non possiamo permetterci altri errori o distrazioni”.
Un appello forte che ha in verità trovato nei giorni scorsi una prima risposta istituzionale. Il ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali ha informato di avere trasmesso al ministero dello Sviluppo economico, competente per gli adempimenti successivi, gli elementi utili per opporsi alla richiesta avanzata dalla Repubblica di Cipro. E ha precisato di avere elaborato diverse e puntuali argomentazioni per impedire l’entrata in vigore della norma cipriota “tra cui la tutela riconosciuta anche a livello europeo delle proprie produzioni DOP e IGP, la necessità di non ingenerare confusione nei consumatori tra prodotti di alta qualità e standard con altri di minor pregio, citando anche una copiosa giurisprudenza della stessa Corte di Giustizia nonché la distorsione della concorrenza”.
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