Si chiama nartèce: è tipico delle basiliche bizantine e paleocristiane dei primi secoli del Cristianesimo, di fatto uno spazio fra le navate e la facciata principale della chiesa, praticamente il suo atrio. Il nartèce della basilica di San Marco, a Venezia, è particolarmente importante, adornato di preziosi marmi policromi (porfido rosso, verde antico e nero di Aquitania) portati da terre lontane. “Gli architetti – informa Ventian Heritage – concepirono il nartece come una splendida esposizione di una straordinaria varietà di marmi, colonne e capitelli di diversi periodi: infatti molte colonne non esercitano nessuna funzione strutturale”.
Dopo il restauro del 2004, questo gioiello riottenne il suo antico fascino, pur rimanendo sotto la cronica minaccia dell’acqua alta, che anche se di livello modesto non lascia mai all’asciutto i punti più bassi della città, a partire proprio da piazza San Marco e dalla basilica. Acqua che ha allagato anche nei giorni scorsi, quando le salvifiche paratie del Mose non s’erano alzate, visto che la marea non aveva raggiunto la quota prevista di 1 metro e 20, ma s’era fermata a 97 centimetri, pochi per buona parte della città, ma comunque tanti per San Marco, che è a 85 centimetri sullo zero mareografico.
Poco male, avranno pensato i veneziani: un anno fa, per rispondere alle emergenze a Mose abbassato, era stata posizionata una barriera di vetro e acciaio lunga 151 metri, con un complesso sistema di pompaggio. Costo complessivo: 5 milioni di euro. I pannelli in vetro circondano la basilica, proteggendola, e sono suddivisi in paratoie fisse più sei rimovibili, che sono i varchi d’ingresso e uscita di fedeli e turisti. I sei pannelli, in caso di allarme acqua alta, vengono inseriti manualmente nelle loro guide, chiudendo ermeticamente il perimetro e salvando il famoso nartèce. Una semplice operazione che solitamente viene svolta, quasi automaticamente, dagli operai delle imprese ancora presenti, imprese che comunque sono ancora in attesa del pagamento da parte dello Stato. Sembra infatti che tutte le risorse del Provveditorato alle opere pubbliche (stazione appaltante per conto del Governo) siano andate al Mose, e “a noi manca un milione: così non ce la facciamo”, aveva detto qualche settimana fa il portavoce di Kostruttiva, il conglomerato di ditte che hanno provveduto alle paratie.
Capita però che nella notte tra venerdì e sabato scorsi, a mezzanotte circa l’acqua ha iniziato a salire, infilandosi sui mosaici del nartèce, visto che i pannelli sui sei varchi non erano stati messi al loro posto. Gli operai delle imprese (anche quelli impegnati poco distante nell’impermeabilizzazione della piazza), che per oltre un anno – loro sponte – avevano provveduto alla bisogna semplicemente non c’erano, chi in vacanza, chi in malattia, chi per i fatti suoi. Visto che a oggi non esiste una procedura codificata, uno straccio di accordo, un protocollo che chiarisca una simile mansione, lasciata alla buona volontà dei lavoratori di passaggio. “Cercheremo di capire cosa non ha funzionato, per fortuna non ci sono stati danni gravi – ha dichiarato Carlo Alberto Tesserin, primo procuratore di San Marco -. Una cosa però è certa: non può essere la Procuratoria a farsi carico della gestione di quest’opera, che è fuori dallo spazio della Basilica”.
Incredibile, ma avete letto bene. Di più: sembra che qualche mese fa fosse stata preparata una bozza di accordo, che prevedeva l’incarico delle paratie affidato proprio alla Procuratoria di San Marco. Ma la suddetta Procuratoria avrebbe subito legato la sua eventuale disponibilità a una collaborazione che avrebbe dovuto prevedere anche risorse e personale, anche per la pulizia delle stesse lastre di vetro, che incredibilmente tendono a sporcarsi. Morale: l’accordo è rimasto nei cassetti, le paratie nella notte della Befana sono rimaste giù, e il nartèce s’è allagato.
Sembra un’anteprima di Carnevale, che tra l’altro a Venezia (dal 27 gennaio al 13 febbraio) sarà stavolta l’ultimo a ingresso libero (poco dopo scatterà il ticket d’ingresso). Mentre invece per entrare in basilica il ticket si paga già (3 euro). Ma, scusate, dimenticavo: lo scorso agosto la Procuratoria s’era accorta che su quei biglietti c’era qualcuno che faceva la cresta, e aveva licenziato sei dipendenti. Che fossero loro a dover sistemare quelle fatidiche paratie?
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