L’acqua salmastra diventa potabile. A Taranto, come riportato da La Stampa, sorgerà il più grande dissalatore d’Italia a uso civile. L’impianto a osmosi inversa si occuperà di utilizzare le sorgenti salmastre del fiume Tara per produrre ogni giorno l’equivalente del fabbisogno idrico di 385 mila persone, con l’obiettivo di ridurre lo sfruttamento delle falde sotterranee e di fronteggiare le crisi idriche. L’entrata in funzione è prevista per il 2026. L’investimento è da 100 milioni di euro ed è in parte legato ai fondi del PNRR.



“Quest’opera è in linea con le nostre azioni per la tutela della risorsa idrica. L’utilizzo di dissalatori è una strategia che abbiamo immaginato da tempo, ma non è semplice. E non solo per la capacità di progettazione e realizzazione, ma per tutto l’iter burocratico e autorizzato. Purtroppo questi impianti non sfuggono alla regolazione non scritta che, tra ideazione e avvio dei lavori, per realizzare un’opera pubblica in Italia occorrono in media tra i 7 e i 10 anni”, ha affermato Francesca Portincasa, direttrice generale di Acquedotto Pugliese.



Acqua di mare diventa potabile: il maxi dissalatore sorgerà a Taranto

I dissalatori a osmosi fanno sì che l’acqua possa essere depurata di tutti gli elementi indesiderati prima di avviare il processo di remineralizzazione, dove vengono inseriti i minerali utili. L’acqua inizialmente salmastra dopo di ciò è pronta ad essere distribuita nei sistemi idrici cittadini, in quanto diventa potabile. “È una grande opera italiana che potrà far fronte all’incremento delle richieste estive e ridurre il prelievo della risorsa dei pozzi”, ha affermato Michael Emiliano, presidente della Puglia.



A intraprendere questa strada, negli anni scorsi, sono state anche altre località, come ad esempio molte isole minori della SiciliaLazio Toscana, che si sono già dotate di desalinizzatori. Anche il Ministro dell’Ambiente e della Transizione Energetica, Pichetto Fratin, concorda sul fatto che questa possa essere ritenuta “una misura tra le più efficaci per affrontare l’emergenza”. Nel nostro Paese, tuttavia, l’acqua che proviene da questo tipo di impianti rappresenta ancora solo lo 0,1% dei consumi idrici.