Il day 2 del Festival di Venezia 2019 è il giorno di Ad Astra, l’attesissimo thriller fantascientifico diretto da James Gray con protagonista Brad Pitt. Un progetto iniziato tempo fa, nel 2016 per la precisione, e giunto finalmente a compimento: prodotto sia dal regista che dall’attore, arriverà nelle sale italiane il 26 settembre 2019 su distribuzione 20th Century Fox Italia. Ambientato in un “futuro prossimo”, il lungometraggio ha al centro il Maggiore Roy McBride (Brad Pitt), astronauta assoldato dall’intelligence statunitense per una missione molto importante: cercare il padre H. Clifford McBride (Tommy Lee Jones), disperso ormai da 16 anni e considerato come uno degli astronauti migliori di sempre. McBride Sr. era a capo del Progetto Lima, vecchia missione la cui navicella spaziale è scomparsa nel nulla e che aveva l’obiettivo di scoprire qualche segno di vita intelligente nei pressi di Nettuno. Siamo in “tempo di conflitto” e la Terra deve fare i conti con una serie di catastrofi: incendi, disastri aerei e altri danni causati da esplosioni radioattive, legate proprio a quel Progetto Lima. Roy, erede del padre che credeva fosse morto, è pronto ad affrontare una missione che si rivelerà una vera e propria odissea…
Sci-fi drama che merita tanti elogi e poche critiche: James Gray gira il suo miglior film e Brad Pitt sforna l’ennesima grande interpretazione. Una pellicola che vuole raccontare in primis la storia e i dilemmi di un uomo, uno dei più grandi astronauti in circolazione. Ma è anche la storia di un padre e di un figlio, con il primo assente da 16 anni e il secondo che continua a idolatrarlo e lo ritiene un punto di riferimento della sua vita. Roy è un uomo solitario, incapace di stabilire dei rapporti con le altre persone tanto da risultare apatico e così allontanare le poche persone che gli vogliono bene, compresa l’ex compagna (Liv Tyler). A cambiare il corso delle cose è la scoperta che il padre potrebbe essere ancora vivo e, soprattutto, che potrebbe costituire un pericolo per la Terra e per i suoi abitanti. Roy fa dunque due viaggi: il primo è quello che compie attraversando lo spazio per raggiungere il padre, il secondo è quello che fa dentro sé alla ricerca di risposte sulla sua esistenza.
Da un lato abbiamo dunque una dimensione intima – molto vicino a High Life di Claire Denis – dall’altra una riflessione più ampia che coinvolge le esplorazioni spaziali e tutto ciò che sta intorno. James Gray adotta una prospettiva diversa rispetto ad altri film che parlano di viaggi nello spazio e ipotizza che non ci sia nulla oltre noi, se non il vuoto. Da qui un’interessante riflessione sulla solitudine, qui nello spazio ma che può essere estesa a tutti noi “semplici” terrestri. E ancora: il regista pone l’attenzione sulla sopravvivenza del nostro pianeta e, in termini iperbolici, è possibile leggere una denuncia contro il consumismo dei giorni nostri. La Luna è rappresentata come un luogo turistico, con edifici di ultimissima (futura) generazione e turisti di ogni tipo. “Siamo divoratori di risorse”, spiega Roy in una scena, descrivendo il sentimento di chi deve fare i conti con la colonizzazione dei pianeti e il loro sfruttamento: evidente il riferimento alla Terra del 2019 e all’utilizzo indiscriminato di energie…
Dal punto di vista tecnico, niente da dire: effetti speciali straordinari e montaggio pressoché perfetto, niente a che vedere con First Man di Damien Chazelle. Il comparto del suono si candida a recitare un ruolo da protagonista ai prossimi Oscar, mentre è particolarmente degna di nota la tenebrosa fotografia di Hoyte Van Hoytema, fedelissimo di Nolan. La sceneggiatura non presenta lacune e mantiene una verosimiglianza anche grazie all’indagine di Gray svolta con l’aiuto della Nasa e delle altre agenzie spaziali americane. Apprezzabili seppur “limitate” le interpretazioni di Liv Tyler e Donald Sutherland. Insomma, un’altra pellicola di grande livello in questo Venezia 76: dopo La Vérité di Kore-Eda Hirokazu, un altro candidato per il Leone d’Oro…