Nell’anno orribile della pandemia poche cose son mancate più del fiato e della vicinanza. Dalle corsie d’ospedale alle clausure coatte in casa, dall’anossia di cronache e dati spuntate della speranza al tentato omicidio dei fabbricanti d’arte e bellezza per soffocamento. E poi la separazione, quella dannata misurazione in centimetri del distanziamento, lemma a sorpresa divenuto più in uso di quanto mai nessuno avrebbe potuto prevedere.



Adesso, a ridare fiato e vicinanza, nella auspicata ripetibilità di 45 minuti benedetti, ci ha pensato Ada Montellanico, che da pochi giorni è uscita con WeTuba, nove brani di grazia e intelligenza che possono proprio riassumersi così: un manifesto al fiato e all’abbattimento di distanze. E lo fa in senso insieme metaforico e concreto, artistico e politico. Perché, sarà bene subito chiarirlo, Montellanico è – finalmente – una musicista eccelsa e militante caparbia, incapace di separare l’impegno “politico” e sociale per il riconoscimento di diritti a diverse latitudini e il lavoro rigoroso e appassionato sulla costruzione di un linguaggio musicale, che fa onore (una volta ogni tanto) all’Italia. In questo continuum l’album presenta nove brani originali, diversi per mood eppure desuetamente intrecciati da un timbro sonoro omogeneo e nuovo. Merito di un interplay con i suoi musicisti costruito sartorialmente, rimboccandosi le maniche,  in un anno in cui tutto avrebbe fatto prevedere a una retrocessione dell’espressione artistica e che invece, già da qualche mese, sta tirando fuori  nella discografia nazionale ottimi frutti, maturati nei verboten di zone e colori. La forza di WeTuba è, dunque, principalmente nel suono dei suoi musicisti che, sotto la guida esperta della jazzista romana, superano l’idea di turno improvvisativo, mescolando i colori, ciascuno, del proprio strumento, del quale sono maestri di gran riguardo. Bernardo Guerra alla batteria, Francesco Ponticelli al contrabbasso, Simone Graziano alle tastiere e Michel Godard alla tuba e serpentone, con la presenza di Paolo Fresu, che con Montellanico ha scritto due dei brani: Sorriso e I’m a migrant. Non si legga come dovuta routine di recensione l’elenco dei musicisti, perché in pochi casi come questo ogni personalità contribuisce a creare il risultato, oltre ad aver scritto un brano dell’album.



The time will come, in apertura, mette subito in chiaro il campo di gioco, con un funk costruito su tempi dispari e pari alternati, il tema esposto in obbligato tra voce e contrabbasso presto lascia lo spazio alla libertà improvvisativa di scat e tuba. Mentre Words definisce un nuovo perimetro di ballad, modulante e con una linea melodica impossibile da interpretare correttamente se non s’ha la precisione d’un chirurgo e la grazia dell’intonazione di Ada Montellanico. E così, tra le ambientazioni even eight (Esbjorn Svensson ascolterebbe soddisfatto) di Heroes si arriva a A Trace of grace, dove la parte del leone la fa il serpentone di Godard, probabilmente il più illuminato tubista al mondo, capace di passare indifferentemente dal repertorio classico al jazz con versatilità rara (mica facile interpolare nel jazz uno strumento rinascimentale, ché già farlo cantare intonato è miracolo, figuriamoci improvvisare su strutture date). Espressioni diverse, come si diceva, di un fiato nuovo che si mette dentro la musica, anche con la passione di I’m a migrant, che con l’intervento di Fresu, racconta di deserti geografici da cui scappare e deserti umani che non sanno accogliere, a proposito di distanze e distanziamenti. Chiude l’album la splendida BallAda, un madrigale contemporaneo, con il timbro cristallino e vellutato della voce che, ancora una volta, si incastra con l’accompagnamento ricercato di Simone Graziano al piano, che per tutto l’album s’inventa soluzioni armoniche raffinate per sentieri poco battuti (e alla cui bimba Montellanico e Fresu hanno regalato la deliziosa Sorriso, quasi in coda a WeTuba).



Se, dunque, nel corso della pandemia Montellanico non ha mai mancato di far sentire l’autorevolezza della propria voce al fianco di artisti e lavoratori della musica e dello spettacolo, con intemerate pasionarie contro provvedimenti spesso asimmetrici ai danni di professionisti, nel frattempo ha saputo lavorare intorno a una piccola perla che, a riunire i due lati di medaglia, si prepara a riprendere le presentazioni live nei prossimi mesi in giro per l’Italia e che sarà saggio non perdersi. Finché si può.

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