Adesso che tanti hanno parlato, hanno commentato, hanno analizzato, tentando di descrivere la vita di un uomo veramente indescrivibile, che sfugge a qualsiasi definizione e inquadramento, arriva il tempo delle parole ultime. Il portone del duomo di Milano, come accade in tutte le chiese il giorno dell’ultimo saluto, si è spalancato per accogliere ciò che resta davanti a Dio di Silvio Berlusconi. E cosa resta?
Tutto quello che a noi sfugge. Le sue domande più insistenti, le sue attese più alte, i suoi desideri più veri, le sue fatiche più sofferte… tutto ciò di cui non si è parlato, perché non se ne può parlare, ora fiorisce in un abbraccio che non è il nostro.
La Chiesa lo sa bene e, per questo, mentre siamo vivi, ci ricorda che siamo polvere, ci educa a vivere intensamente ogni giorno, provoca a curare i particolari per non scivolare in una vita vissuta “a spanne”. Come ha ricordato l’arcivescovo di Milano mons. Mario Delpini nella sua omelia: “Vivere. Vivere e amare la vita. Vivere e desiderare una vita piena. Vivere e desiderare che la vita sia buona, bella per sé e per le persone care. Vivere e intendere la vita come una occasione per mettere a frutto i talenti ricevuti”.
Il funerale è il momento in cui la scena è occupata dalle parole ultime, quelle che restano, quelle che dicono di un avvenimento passato che ora è l’unico in grado di accompagnarci dall’altra parte: il battesimo. In forza di questo battesimo siamo certi anche di un ultimo giudizio e compimento che non sono disponibili alle nostre menti e forze.
È bene ricordarlo a quelle persone perbene che, pur avendo fallito in tutto, all’improvviso riemergono per un ennesimo commento velenoso sulla vita degli altri. È bene ricordarlo ai moralisti di sempre che, pur avendo rinnegato la propria appartenenza finora, si ergono a superiori commentatori della vita altrui. Insomma, è bene ricordarlo a tutti quelli che, per credere di essere vivi, hanno bisogno dei morti. Invece l’urgenza è “Vivere e non sottrarsi alle sfide, ai contrasti, agli insulti, alle critiche, e continuare a sorridere, a sfidare, a contrastare, a ridere degli insulti. Vivere e sentire le forze esaurirsi, vivere e soffrire il declino e continuare a sorridere, a provare, a tentare una via per vivere ancora” come ha detto sempre l’arcivescovo.
Il passaggio da questo mondo a quello definitivo ha bisogno di uno sguardo divino, l’unico in grado di attraversare tutta la melma che gli altri ci buttano addosso e tutta quella che ci siamo procurati noi, tutte le imprese riuscite e quelle fallite, gli sforzi compresi e quelli denigrati. La Chiesa ci ricorda che questo sguardo c’è ed è per tutti. Chi ha avuto la grazia di dire di sì al dono della fede non può non domandare una posizione così davanti alla morte. I funerali di Silvio Berlusconi hanno mostrato che la certezza di questo sguardo è rimasta più viva che mai. È rimasta viva nel popolo, in quelle persone che non odiano chi ha avuto più successo, che non invidiano in modo spietato chi è riuscito di più perché ha avuto di più e, perciò, dovrà rendere conto di più.
C’è una verità, nella posizione del popolo, che sfugge a certi che sono diventati potenti. Quel popolo che ha riempito le strade e piazza duomo, il popolo delle persone di tutti i giorni, dei colleghi di lavoro, dei vicini di casa, di quelli che non avrebbero riempito mai nessuna piazza, partecipato a nessuna manifestazione, perché sono abituati alla laboriosità nascosta. Ma ieri erano lì. Per tanti Silvio Berlusconi è stato il sogno di un modo nuovo di fare le cose: quello ambrosiano. Il modo per cui lo Stato non è prima del cittadino, in cui la libertà è sopra ogni cosa, in cui tutti possono fare la loro strada, in cui non ci sono buoni che decidono chi sono i cattivi… la storia giudicherà se questi sono rimasti solo sogni. La storia ci dirà se c’è qualcuno in grado di raccogliere queste sfide, che rimangono assolutamente decisive.
Alla fine del funerale restano le parole dell’arcivescovo: “Silvio Berlusconi è stato certo un uomo politico, è stato certo un uomo d’affari, è stato certo un personaggio alla ribalta della notorietà. Ma in questo momento di congedo e di preghiera, che cosa possiamo dire di Silvio Berlusconi? È stato un uomo: un desiderio di vita, un desiderio di amore, un desiderio di gioia. E ora celebriamo il mistero del compimento. Ecco che cosa posso dire di Silvio Berlusconi. È un uomo e ora incontra Dio”. Almeno per questo possiamo benevolmente invidiarlo.
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