Il volume Adele Bonolis. Una donna del Novecento e le sue opere, con la presentazione di Alessandro Pirola e la prefazione di Maria Bocci, da me pubblicato (Studium, 2022) è nato dal desiderio di conoscere e incontrare una donna vissuta a Milano negli anni centrali del Novecento e attenta alle fragilità sociali della sua epoca, con un particolare sguardo al mondo femminile. Fino a oggi non ancora studiata in modo approfondito, la ricerca condotta ha fatto invece emergere l’importanza e la ricchezza della sua figura, del suo percorso e del ruolo da lei assunto nella società civile e religiosa del suo tempo, testimoniato anche dalla causa di beatificazione in corso, che è già pervenuta alla dichiarazione della sua venerabilità.
L’intento del lavoro è stato quello di delineare una ricostruzione storica della vita di Adele Bonolis (Milano, 14 agosto 1909 – 11 agosto 1980), considerandone l’azione – in una lettura critica – in rapporto al contesto socio-culturale e religioso della Milano novecentesca, ma anche della più ampia realtà nazionale. Su questo sfondo, imprescindibile per comprenderne pienamente la figura, sono state lette la formazione, la spiritualità e le opere assistenziali a cui la Bonolis diede vita nella seconda metà del Novecento e ancora oggi attive.
Tutta la vita di Adele Bonolis si caratterizzò per un impegno profondo nella realtà ecclesiale e sociale del suo tempo. Negli anni della giovinezza partecipò all’Azione cattolica nell’ambiente della parrocchia di Sant’Ambrogio e della Gioventù femminile guidata da Armida Barelli, il principale luogo di crescita e di formazione cristiana dell’epoca per le giovani cattoliche. Qui sviluppò l’intuizione, accanto a una sensibilità più tradizionale – legata ai temi della sofferenza, del dolore e del male – della necessità di una presenza laicale consacrata quale testimonianza decisiva della fede cristiana nel mondo moderno. La Bonolis giunse a una personale maturazione vocazionale con l’inizio degli anni Quaranta, frutto di un’attenta riflessione sulla propria esperienza e legata anche agli anni della formazione universitaria in filosofia, studiata nell’Università Cattolica del Sacro Cuore: scopo del suo “apostolato nel mondo” sarebbe diventato quello della restaurazione dell’Amore nelle anime segnate dal peccato a partire dalla consapevolezza dell’esistenza di un “Amore infinito” quale risposta al male del mondo. Il progetto non realizzato delle “Aralde dell’Amore”, una comunità di laiche consacrate, doveva rappresentare lo sviluppo di un percorso che poi avrebbe trovato attuazione nelle sue opere.
Negli anni della maturità proseguì il suo impegno nell’associazionismo cattolico: Adele Bonolis prese parte all’Unione donne di Azione cattolica e al Centro italiano femminile, nei quali si occupò dei problemi legati alla condizione della donna, ma condusse anche la Casa dei ragazzi nel Lecchese, esperienze che generarono in lei una viva consapevolezza di quanto i problemi della condizione delle donne in difficoltà e dell’emarginazione minorile fossero di cruciale importanza.
Nel clima quindi di ripresa del secondo dopoguerra, che in àmbito milanese si caratterizzò per le numerose iniziative di carità in favore delle donne e in àmbito nazionale per il vivace dibattito su questi temi e poi intorno alla legge Merlin, Adele Bonolis affiancò presto il suo personale contributo, dando così concretezza a quell’idea di redimere l’umanità ferita attraverso l’Amore. Nel corso degli anni Cinquanta la Bonolis fondò quindi quattro opere nate senza un disegno preordinato e che presero forma nel corso del tempo: la Casa di orientamento femminile (Cof) per ex prostitute, sorta nel 1950; il Centro orientamento dimesse istituti correzionali (Codic), aperto nel 1953; Villa Salus per donne dimesse da istituti manicomiali, inaugurata nel 1954; l’Associazione “Assistenza Fraterna” (AsFra), che dal 1957 assiste ex detenuti e dimessi dai manicomi giudiziari. A queste si aggiunse, con l’inizio degli anni Sessanta, l’Associazione amicizia – In libertate charitas, creata per il sostegno delle diverse opere e al tempo stesso come comunità di formazione religiosa per i suoi aderenti.
Agli studi condotti negli anni giovanili, Adele Bonolis affiancò alcuni approfondimenti in medicina, psicologia e pedagogia e il suo intervento, alla luce di tre “grandi linee” da lei identificate in fiducia, libertà, autogoverno, fu sempre caratterizzato dall’accoglienza incondizionata della persona, dal rispetto della sua libertà e dall’accompagnamento in un percorso di riabilitazione – in senso pedagogico e spirituale – verso un’autonomia sempre maggiore, nella consapevolezza che ogni persona rappresentava, per usare un’espressione in lei ricorrente, una “parola di Dio non ripetuta”.
La Bonolis si spese altresì nell’insegnamento, svolto a lungo come docente di religione al Liceo Berchet di Milano, dove ebbe per collega don Luigi Giussani, e allo stesso tempo diversi furono i suoi interventi sui problemi delle carceri e dei manicomi, come pure su quelli complessivi della legislazione italiana in materia di assistenza. Adele Bonolis si è rivelata quindi una figura di primo piano del Novecento, di grandissimo rilievo nella storia del welfare e della Chiesa italiana.
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