In Adele Bonolis – cui Giovanni Santambrogio ha dedicato una bella e opportuna biografia, L’impresa della carità. Vita e opere di Adele Bonolis (San Paolo 2023) – ha agito tutto il Dna del cattolicesimo ambrosiano del secolo scorso. Vitalissimo, però, anche nel nostro, se Papa Francesco ha voluto proclamare Adele venerabile nel 2021.
Era nata nel 1909 in una casa di ringhiera sotto i campanili di Sant’Ambrogio, ben dentro la “Milano che saliva”, con tutte le sue energie e anche le sue contraddizioni. Non di rado feconde: Adele ragazzina era osteggiata dal padre “fumista” e dalla madre ombrellaia nella sua fede precoce e forte, ma ciò non le impedì di diventare giovanissima una leader in un oratorio femminile. Ed appare assolutamente ambrosiano il cammino di una quattordicenne che comincia a lavorare come impiegata ma non smette mai di studiare. Sarà una “serale” infaticabile e di gran successo: inanellando due maturità (magistrale e classica), molti esami di lingue straniere e infine una laurea in filosofia nella giovane Università Cattolica: Non senza continuare poi – fin quasi a 50 anni – a frequentare corsi di medicina, con una predilezione per la psichiatria, non sorprendente in un’allieva di padre Gemelli.
Nel dopoguerra il suo amore per la scuola migra verso l’insegnamento (tiene per un ventennio una cattedra di religione al Liceo Berchet di Milano) mentre il suo impegno giovanile nell’Azione cattolica (durerà fino alla sua morte, nel 1980) matura in opere che da subito sorreggono vite e indicano vie nella carità solidale. Tutto sotto lo sguardo ininterrotto dell’arcivescovo, dal Carlo Ferrari e Giovanni Colombo, con legami importanti sia con Ildefonso Schuster che con Giovanni Battista Montini (negli anni ferventi in cui a Milano si sperimenta molto di quanto poi al Concilio diviene svolta nel magistero sociale).
Pioniera a Milano del neonato Centro Italiano Femminile, una vera e propria “imprenditrice della carità”, si muove nella metropoli del boom fondando acronimi non così diversi da Cariplo o Montedison, che Adele riesce a coinvolgere in progetti sempre nuovi. Soprattutto: in iniziative che affrontano in tempo reale sfide sociali nuove. Sul fronte della prostituzione – prima e dopo la legge Merlin – Bonolis è in prima linea con il Cof (Centro di orientamento femminile) e in particolare con l’esperienza d’avanguardia della villa di Onno, sul lago di Lecco. Ma quasi in parallelo Adele apre il Codic, per la prima accoglienza e il reinserimento delle ex detenute.
Il “metodo Bonolis” riscuote l’attenzione di Camilla Cederna. L’idea nuova e rischiosa è quella di raccogliere le donne perdute e rieducarle in modo indiretto, col sistema dell’autogoverno, senza nessuna costrizione. “Niente grembiulini a righe o rigida disciplina”, scrive impressionata l’inviata dell’Europeo, laicissima e proto-femminista.
Non ultimo – nel “fare” cristiano di Adele – è l’assillo per le persone con disturbi psichici, in anni in cui la malattia mentale è ancora condanna all’esclusione. Per esse creerà il centro Villa Salus “Madonna del Soccorso”, a Lenno.
“Prudenza, Previdenza, Provvidenza”: è stata la più importante delle regole di vita di una Serva di Dio che non ha mai chiuso gli occhi di fronte alla realtà. Che raccomandava a tutti di “non coricarsi mai alla sera non sapendo perché ci è alzati la mattina”.
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