I Progetti utili alla collettività (i Puc) sono stati previsti per la prima volta nel nostro ordinamento all’interno del decreto istitutivo del Reddito di cittadinanza del 2019. Un apposito decreto ministeriale ha approvato poi nel dettaglio la definizione, le forme, le caratteristiche e le modalità di attuazione di questi progetti a seguito di un’intesa in Conferenza Unificata visto il coinvolgimento delle amministrazioni regionali e comunali in questi percorsi.
Il decreto 4 del 2023 che ha, superando il Reddito di cittadinanza, definito le due nuove misure di contrasto alla povertà, ossia l’Assegno di inclusione e il Supporto per la formazione e il lavoro, ha confermato la possibilità, per i beneficiari di tali misure, di partecipare ai Puc. Le “nuove” modalità e i termini di attuazione sono stati così ridefiniti con un nuovo decreto del ministro del Lavoro e delle Politiche sociali pubblicato nei giorni scorsi in Gazzetta Ufficiale.
I percorsi “personalizzati” previsti a favore dei beneficiari dell due misure possono, infatti, prevedere anche includere l’impegno del beneficiario a partecipare a Progetti utili alla collettività (Puc), messi a disposizione dai Comuni o da altri enti a tale fine convenzionati con i Comuni, in ambito culturale, sociale, artistico, ambientale, formativo e di tutela dei beni comuni. Il “nuovo” decreto, nello specifico, regola le forme e le caratteristiche dei Puc, le modalità di attuazione, gli obblighi in materia di salute e sicurezza e tutte le disposizioni di dettaglio.
Il documento sottolinea come questi progetti dovranno essere individuati a partire dai bisogni e dalle esigenze della comunità e tenendo, ovviamente, conto anche delle opportunità che le risposte a tali bisogni possono offrire in termini di “empowerment” alle persone coinvolte.
A tal riguardo si evidenzia come le attività previste nei Puc devono intendersi evidentemente complementari e, quindi, a supporto e integrazione rispetto a quelle ordinariamente svolte dalle diverse amministrazioni coinvolte.
Ad esempio una persona con competenze nell’ambito dell’assistenza domiciliare alle persone anziane (osa, badanti, ecc.) non potrà svolgere, in questi progetti, le azioni proprie di un operatore qualificato, ma, eventualmente, potrà costituire un utile supporto per il potenziamento del servizio con attività “ausiliarie”, quali la compagnia o l’accompagnamento presso i vari servizi.
Riattivarsi, insomma, e contribuire alla società con una forma di lavoro “altro” rispetto a quello “tradizionale” da dipendente, ma comunque utile alla propria collettività, ma anche, se non soprattutto, a se stesso.
Il reinserimento attivo di una persona, auspicabilmente nel mercato del lavoro, passa, infatti, da una sua “riattivazione” sociale e dalla capacità di dare un senso alla vita anche ricostruendo, ad esempio, una routine e una “normale” esperienza di “condivisione” con “colleghi” che hanno percorsi di vita, nelle loro fragilità, spesso, per molti aspetti, simili.
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.
SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI