La Corte Costituzionale ha deciso che, in alcune circostanze, l’adozione è possibile anche quando tra il genitore e il figlio adottivo maggiorenne intercorrano meno di 18 anni. Il divario d’età, però, deve essere ragionevole: nel dettaglio la Corte parla di “esiguo scostamento”. Sono necessarie inoltre valide ragioni e  “motivi meritevoli” per arrivare alla decisione. La precisazione nasce dopo che la questione era stata sollevata dalla sezione civile del Tribunale di Firenze in occasione della richiesta di adozione da parte di una donna, coniugata con un uomo vedovo, nei confronti del figlio maggiorenne del marito, che dall’età di cinque anni ha fatto parte della nuova famiglia.



L’identità personale del ragazzo, secondo gli inquirenti, si era modellata nel rapporto con il padre naturale e con quella che era diventata la sua mamma adottiva. Non riconoscere questo legame, secondo i giudici, avrebbe significato negare un’identità personale costruita negli anni, spiega Avvenire. “Si tratta di una decisione che nasce dalla scelta di applicare il principio personalista secondo cui le relazioni preesistenti contano e possono essere riconosciute e tutelate dal diritto. Secondo il principio personalista la persona non va considerata solo come individuo singolo ma vive al centro di una rete di relazioni che i poteri pubblici si impegnano a riconoscere e proteggere”.



Adozione di maggiorenni con meno 18 anni di età tra genitori-figli: il giudice valuterà caso per caso

Con la sentenza n. 5 del 2024, la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 291, primo comma, del codice civile: questo stabilisce il divieto, per l’adozione di maggiorenni, di ridurre l’intervallo minimo di età di diciotto anni fra adottante e adottando. Come si legge nel comunicato dell’Ufficio stampa della Consulta, “la Corte ha rilevato come l’adozione di persone maggiori di età abbia perduto l’esclusiva funzione tradizionale di trasmissione del cognome e del patrimonio e, divenuto strumento duttile e sensibile alle sollecitazioni della società, sia volta a suggellare legami “affettivo-solidaristici” che, consolidatisi di fatto nel tempo e preesistenti al riconoscimento giuridico, sono rappresentativi dell’identità dell’individuo e di istanze di solidarietà”.



Nelle nuove famiglie capita spesso che uno dei due genitori decida di affidarsi all’adozione per rafforzare “un vincolo solidaristico di fatto già instaurato” con il figlio o la figlia del coniuge, sottolinea Avvenire. In questi casi è irragionevole insistere sul divario di età “priva di un margine di flessibilità in quanto destinata ad entrare in frizione, nell’assolutezza della previsione, con il diritto costituzionale inviolabile all’identità personale”. Dunque il giudice sarà chiamato a valutare caso per caso cercando un “equilibrio tra la regola del divario di età fissata dal codice civile ed il diritto all’identità della persona, anche nelle formazioni in cui esprime e forma la sua personalità”. Con questo criterio il tribunale competente “provvederà a valutare se esistano motivi meritevoli che consentano di derogare alla previsione del codice civile nel caso in cui la riduzione di quel divario risulti esigua”, conclude la sentenza.