Settimana Santa 1961, Varigotti. È la mia prima con GS e sto per compiere quattordici anni. Entro nel salone di Varigotti insieme al gruppo della mia scuola, il Berchet, e mi trovo davanti il coro che, diretto da Adriana Mascagni, sta provando Tu mi guardi dalla croce di Mozart.
Resto molto colpito: cantano bene, ma soprattutto non è musica classica, come incominciavo ad amare, e basta. Un’intensità, una profondità che non conoscevo. Mi accorgo che, proprio da quel canto in poi, si tratta di un nuovo incontro nella mia vita; tanto che è la prima cosa che ricordo. Poi qualche canto fatto tutti insieme, poi don Giussani comincia a parlarci… Fascino, certamente, da quel canto, ma soprattutto una grande domanda sulla mia vita, che poi il modo in cui ci parla don Giussani e tutta la tre giorni non fanno che approfondire.
Questo è il mio primo incontro con Adriana Mascagni e con il Movimento.
Un po’ di mesi dopo, scrivo a don Giussani di me e di quello che desidero nella mia vita, perché il modo in cui si canta in GS e si ascolta musica è più completo, comprende tutta la vita, non è cosa da specialisti, ma è per tutti e per tutta la mia persona. La sua risposta: mi telefona don Vanni Padovani, che dirige il coro insieme ad Adriana, e mi invita a partecipare al coro. Mi colpisce questo fatto, mi sento chiamato in prima persona in modo semplice, ma inatteso.
Da lì comincio a partecipare al coro di GS e a diventare amico di Adriana e di altri, tenori e bassi, che cantavano particolarmente bene, con quella grande intensità e un modo particolare di porgere i canti, dal forte al piano, ma sempre molto espressivo.
Negli stessi mesi comincio ad ascoltare e ad apprezzare le prime canzoni nate proprio da ragazzi di GS, primi fra tutti Adriana.
Essendo diventati amici al coro, Adriana mi invita a far parte di un coretto che canta soprattutto spiritual, per i momenti comuni. E lei, sapendo che studiavo pianoforte e un po’ di composizione, mi invita a inventare l’armonizzazione a più voci di una delle sue canzoni, Nel silenzio della notte.
Perché ricordare, a tanti anni di distanza, queste esperienze fatte insieme? Perché non sono esperienze tra tante, quel cantare, provare, armonizzare, erano passi che sono rimasti nella mia vita, hanno costruito perché tutto questo c’entrava profondamente con un’esperienza di verità e di bellezza che sempre di più si sono fatte strada.
La creatività di Adriana, che ho sempre stimato, l’ho sempre considerata molto legata all’esperienza di fede che don Giussani ci proponeva, non qualcosa di arbitrario che potevo apprezzare o meno.
Poi il suo carattere, il mio carattere, begli incontri e, non dico scontri, ma confronti piuttosto netti. Ma sempre grande stima e, ancor più importante di tutto, grande affetto, per esserci trovati e aver camminato sulla stessa strada. L’esperienza della grande Presenza fra noi ci fa essere un popolo.
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