Episodio increscioso, quello che ha visto protagonisti gli Emirati Arabi. Un C130 della nostra Aeronautica militare diretto in Afghanistan, con a bordo una quarantina di giornalisti per partecipare alla cerimonia d’addio dei nostri militari, dopo aver ottenuto il permesso di sorvolo, è stato obbligato a tornare indietro e ad atterrare in Arabia Saudita. Lì, senza alcuna spiegazione, il C130 ha dovuto attendere altre quattro ore mentre procedeva una trattativa tra il comandante dell’aereo e le autorità degli Emirati, che alla fine hanno confermato il divieto di sorvolo.



Alla fine il C130 è giunto in Afghanistan volando lungo un’altra rotta e con grande ritardo. Il nostro ministero degli Esteri ha convocato l’ambasciatore degli Emirati in Italia, comunicandogli “la sorpresa e il forte disappunto per un gesto inatteso che si fa fatica a comprendere”. In realtà, come ci ha confermato Stefano Piazza, esperto di terrorismo e geopolitica, una ragione c’è: “Lo scorso gennaio Di Maio annunciò la sospensione della vendita di armi a Emirati Arabi e Arabia Saudita, cosa che evidentemente ha provocato forte disappunto verso l’Italia. Questi paesi, che dispongono di moltissimi soldi, agiscono in questo modo, con capricci e ritorsioni, sapendo che possono comportarsi così con paesi come l’Italia che in politica estera hanno uno scarsissimo peso diplomatico”. Non avrebbero fatto la stessa cosa con gli Stati Uniti, aggiunge Piazza, “che hanno anch’essi sospeso la vendita di armi”.



Come si spiega, secondo lei, questa decisione da parte degli Emirati Arabi Uniti, tenendo conto che l’Italia ha avuto in quel paese per anni un terminal militare per i collegamenti con le nostre truppe in Afghanistan?

Bisogna considerare un aspetto. Quando si ha a che fare con questi paesi bisogna sapere che con i soldi che hanno, e ne hanno tanti, decidono loro le regole del gioco. E nelle regole del gioco ci sono capricci, pretese, cambiamenti di umore e di strategie e anche questi dispetti. Se poi vogliamo discutere di come questi dispetti siano fatti a spese di paesi che non hanno una rappresentanza diplomatica di spessore, questo è un altro discorso.



Non a caso lo scorso gennaio il nostro ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, annunciò la sospensione della vendita di armi a Emirati e Arabia Saudita impegnati nella sanguinosa guerra in Yemen. La stessa decisione fu assunta dagli Stati Uniti. Negli Emirati Arabi, poi, abbiamo avuto per anni una forte presenza militare.

Negli Emirati ci sono i turchi e le forze armate di Australia, Stati Uniti, Gran Bretagna, Nuova Zelanda e Olanda. All’Aeronautica militare italiana era stato assegnato il secondo spazio più grande per estensione affidato a una forza armata straniera.

Ma con gli Stati Uniti, ad esempio, questo tipo di ritorsioni non le fanno, giusto?

Ma si immagini se le fanno. Consideriamo che nel Qatar c’è la più grande base americana nel Medio Oriente, aperta a fine 2019, una base di 640mila metri quadrati con ben 13mila marines americani, aerei Hercules, jet militari, di tutto. Questo genere di provocazioni si fanno con chi puoi permettertelo, non si permetterebbero mai di dare uno schiaffo agli Usa. L’Italia conta pochissimo all’estero.

La decisione di Di Maio di sospendere la vendita di armi, giustificata con la dichiarazione “io sono un pacifista”, le sembra sensata?

Di Maio è un ragazzo che cambia continuamente idea. Se andiamo a vedere le cose che ha detto da quando si è affacciato alla politica e le cose che ha dovuto digerire, ha dimostrato di essere uno Zelig, che oggi dice sono un pacifista, domani potrebbe dire andiamo a bombardare gli Emirati. In politica estera le decisioni non si devono mai prendere con i sentimenti o con il Libro Cuore in mano, bisogna operare con pragmatismo e senso della realtà. Ci vogliono uomini capaci con una storia alle spalle, che sappiano alzare il telefono e dire: questa cosa non la fare, perché tu non puoi farmi questa cosa.

Abu Dhabi, capitale degli Emirati, è grande meta turistica. Manderanno indietro i nostri turisti adesso?

Ma ci mancherebbe. Parliamo di paesi che hanno nel pragmatismo il loro punto di forza, figuriamoci se  rimandano indietro i turisti, che portano soldi e per loro i soldi sono tutto. Non ci sarà alcuna recrudescenza. È bene invece non alzare ulteriormente i toni quando non te lo puoi permettere, si va incontro solo a brutte figure.

A proposito di Afghanistan, invece, il ministro della Difesa, Guerini, durante la cerimonia di commiato ha assicurato che l’Italia resterà accanto alla popolazione. Ma in che modo, se le truppe se ne vanno?

Mi chiedo come, una volta che tutti saranno andati via come appunto sta succedendo, in che modo si potrà star vicino alla popolazione. I talebani stanno solo aspettando di riprendersi tutto il paese, già ne controllano buona parte. È un grave errore quello che stiamo facendo, e che pagheremo ancora una volta. Non impariamo mai dagli errori commessi.

(Paolo Vites) 

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