Se in precedenza ci siamo soffermati sull’impatto e gli interrogativi che avrà l’emergenza da coronavirus sul credito e la tenuta del sistema bancario e sociale – in questa fase e quella post-Covid – non da meno diventa strategica e fondamentale la funzione della consulenza finanziaria prestata a privati, famiglie e imprese da parte di intermediari e consulenti.
Sono già evidenti le gravi conseguenze economiche che deriveranno da questa pandemia. I consulenti e gli intermediari finanziari potranno, e dovranno, svolgere un ruolo fondamentale nel mitigare la portata delle difficoltà finanziarie che potrebbero colpire i singoli individui. Aiutare e guidare persone, famiglie e imprese in questa fase sarà quindi estremamente importante per non creare cortocircuiti e far funzionare la società, finanziariamente parlando.
Il mondo della consulenza finanziaria in Italia è composto da diverse figure di professionisti e società, gestito, regolamentato dall’Organismo di vigilanza e tenuta dell’albo unico dei Consulenti Finanziari, che dopo un lungo iter legislativo è giunto con il 1° dicembre 2018 a un nuovo assetto e una sostanziale riforma che prevede al suo interno tre distinte sezioni dove sono iscritti i consulenti finanziari abilitati all’offerta fuori sede (gli ex promotori finanziari), le società di consulenza finanziaria e i consulenti finanziari autonomi.
Lo svolgimento della consulenza in materia di investimenti da parte degli iscritti all’ Organismo è disciplinata da un quadro molto articolato e ampio di normative di carattere nazionale e comunitario in costante evoluzione. Solo per rimanere in ambito nazionale si va dal Testo Unico della Finanza n. 58/1998 del 24/02/1998 alla legge sul Risparmio n. 262/2005, il Dl 129/2017 di recepimento della Mifid 2 al Regolamento intermediari delibera Consob n. 20307 del 15/02/2018 solo per citarne alcuni.
L’OCF ha da alcuni giorni avviato una campagna di comunicazione istituzionale mirata a valorizzare la prestazione del servizio di consulenza finanziaria, nel contesto attuale di emergenza sanitaria, con l’obiettivo specifico di far emergere il valore della consulenza in termini di protezione del risparmio e infondere un senso di sicurezza e serenità invitando a rivolgersi a un consulente finanziario iscritto all’albo e vigilato dall’OCF.
Una grande sfida e un “ruolo sociale” per tutti i consulenti che si trovano a gestire e spiegare un evento del tutto nuovo, una crisi complessa con tre driver fondamentali: una crisi sanitaria, crisi della domanda e dell’offerta. Assai diversa da quelle che si sono precedute perché non ha né origini meramente finanziarie, né tantomeno belliche. Gestire una pandemia è una prima volta e avrà impatti enormi e duraturi.
C’è chi riscopre e utilizza gli strumenti della finanza comportamentale per trovare risposte o linee guida di condotta per un adeguato livello di salvaguardia del capitale. Nel rapporto cliente-consulente la gestione delle emotività diventa uno dei fattori chiave per impostare una ripianificazione finanziaria e la ridefinizione degli asset in un contesto sociale che vede comunque distruzione di ricchezza, di reddito, un forte calo del Pil, dell’occupazione e del lavoro. Occorre restare quindi razionali nelle scelte, affidarsi alla competenza cosa molto sottostimata e avversata ultimamente per agire efficacemente.
Ma c’è un grande vulnus in questo sistema, il livello assolutamente inadeguato quasi da terzo mondo di cultura e conoscenza finanziaria nel nostro Paese. Il livello di educazione finanziaria degli italiani e la loro capacità di decidere in tema di protezione e scelte di investimento sono davvero scarse, dati impietosii come sottolineano i report della Consob al riguardo. Un tema che non riguarda solo i risparmiatori, ma interpella e coinvolge tutto il mercato finanziario, gli intermediari, gli organi di informazione, le istituzioni, il legislatore, i professionisti del settore.
Molte parole della finanza sono citate e diventate di uso comune insieme d una miriade di sigle ai più incomprensibili, eppure anche se la finanza può essere effettivamente molto complessa, i suoi meccanismi sono facili da capire basta spiegarli con parole semplici ed esempi concreti.
C’è bisogno di educazione e di educazione finanziaria per ripartire per essere introdotti a questa nuova realtà che ci ha sorpresi, con la quale dobbiamo fare i conti ora e nel prossimo futuro. In Italia il DL 237/2016 convertito con modificazioni in legge n. 15/2017 ha previsto l’istituzione del Comitato per la programmazione e il coordinamento delle attività di educazione finanziaria con il compito di programmare e promuovere iniziative di sensibilizzazione ed educazione finanziaria per migliorare in modo misurabile le competenze dei cittadini italiani in materia di risparmio, investimenti, previdenza, assicurazione.
Composto da 12 esperti selezionati dal Mef di concerto con il ministero dell’Istruzione, il Comitato ha il compito di programmare la strategia nazionale per l’educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale. Il portale www.quellocheconta.it e l’iniziativa del mese dell’educazione finanziaria avviata nel 2018 sono stati due parziali risposte.
Meglio tardi che mai, ma il gap da colmare è davvero notevole perché un serio programma deve avere una prospettiva di lungo periodo, tutto il sistema deve raggiungere un maggior grado di trasparenza e le energie profuse in questo ambito devono essere incanalate in una direzione unitaria, alimentare un processo sistematico e continuativo.
L’educazione finanziaria è necessaria come l’aria che si respira per costruire una base solida della cultura economica del Paese.
Una campagna di informazione seria affidabile pervasiva si rende necessaria per avviare un processo capillare di informazione e formazione di tutti i soggetti coinvolti. In modo particolare in questo difficile periodo, fondandosi sul realismo della situazione attuale, sulla ragionevolezza delle soluzioni da scegliere, sulla moralità delle scelte, sul rispetto delle regole etiche.
E invece troppe analisi, troppi trend e proiezioni, algoritmi misurano un mondo che non c’è più e impazzano sulle testate on line, sugli strumenti di informazioni del settore.
Si può ridisegnare un modo diverso di concepire e fare finanza? Una finanza che non sia speculativa, in mercati troppo spesso senza regole, anarchici in senso proprio. Una finanza spesso opaca senza authorities internazionali dove sono ignoti gli emittenti, gli acquirenti, i volumi dei derivati, la dimensione e l’allocazione del rischio. Una finanza che ha dissipato valore economico e coesione sociale troppo spesso con la compiacente sudditanza della politica. Una finanza che dovrebbe al servizio di tutti gli stakeholders, al servizio delle comunità e dell’economia reale. Cambiare e se non ora quando?
La finanza post-coronavirus deve contribuire a una ripresa trainata da una nuova consapevolezza sociale e morale, un’intelligenza collettiva più rigorosa nella conoscenza e più efficace nell’iniziativa.