Niente affido per gay e coppie omogenitoriali in Piemonte: lo vieta la bozza di revisione del regolamento che sta circolando dalla fine della scorsa settimana. In tale documento, infatti, la Regione Piemonte non cita gay e famiglie omogenitoriali tra le figure che possono proporsi per l’affidamento dei minori, anche se la legge non lo vieta e il Comune di Torino, ad esempio, lo fa da molti anni. Possono richiede l’affido di minori «coniugi uniti in matrimonio, coppie conviventi, singoli, senza limiti di età o preclusioni rispetto a nazionalità, etnia, religione», ma nessun riferimento a lesbiche, gay, bisessuali o transgender. «Il governo di Alberto Cirio sembra voler porsi allo stesso livello della Russia di Putin e dell’Ungheria di Orbán. La posta in gioco è molto alta: la dignità delle persone», attacca da Torino l’assessore ai Diritti di Sinistra ecologista Jacopo Rosatelli, come riportato dalla Stampa.



Ma l’assessora regionale alla Famiglia, la leghista Chiara Caucino, rivendica tale decisione e garantisce il rispetto delle direttive già indicate dallo Stato: «Parliamo di bambine e di bambini che vengono da situazioni di alta fragilità affettiva. Riteniamo che il modello migliore per loro sia quello rappresentato da una mamma e da un papà. Io ho tanti amici gay per i quali mi batterò sempre, e che sono perfettamente d’accordo con me. Se poi ci saranno aperture nazionali sul tema le adotteremo».



L’ASSESSORE REGIONALE CAUCINO “SOLO MAMMA E PAPÀ POSSONO GARANTIRE STABILITÀ”

In Italia poco più di 12.800 minori vengono dati in affido ogni anno in Italia, stando ai dati forniti dal ministero delle Politiche sociali. I single sono meno del 15%, solo nel 5% dei casi il nucleo affidatario è formato da coppie omosessuali. A Torino, ad esempio, sono 7 su 290 procedure. Rispetto all’adozione, l’affido prevede un percorso non definitivo, dovrebbe durare al massimo 24 mesi. L’assessora alla Famiglia della Regione Piemonte, Chiara Caucino, chiarisce che non si è al di fuori della legge dello Stato, «pur rivendicando di non voler aprire a quelle realtà in relazione all’affido». Nel capitolo riguardante le famiglie “allargate”, quelle che possono ospitare da uno fino a 5 bambini, la precisazione è netta: «Deve essere gestita da un maschio e da una femmina», riporta la bozza di revisione letta anticipatamente dalla Stampa. «Ma neppure qui cambiamo nulla rispetto al passato, ribadiamo solo la nostra visione», chiarisce l’assessora.



«Ma quella specifica è superata dalla realtà e dalla storia. È per questo che la Regione chiude alle realtà arcobaleno», la replica di Rosatelli. Caucino ribadisce che «non è una campagna di discriminazione» e sottolinea la convinzione «che un bambino che ha già subito dei traumi debba essere accolto da una mamma e da un papà. Solo loro possono garantirgli la stabilità necessaria. Quello delle coppie omogenitoriali è un modello che non vogliamo veicolare, se applicato a un tema così delicato». La nuova delibera, invece, non chiude a single e vedovi. «Ma quelle sono situazioni che un bambino può incontrare nella sua vita. È ben diverso da una coppia di due uomini o due donne. Non è quello il meccanismo di affidamento che vogliamo promuovere, e su questo hanno anche convenuto le associazioni e i servizi sociali che hanno partecipato al tavolo». Per Rosatelli la giunta della Regione Piemonte vuole «discriminare ufficialmente le persone Lgbtq+».