A partire da settembre gli affitti brevi dovranno essere registrati tramite il CIN (ovvero il codice identificativo nazionale) su tutto il territorio. L’idea è quella di tracciare e contrastare nel modo più efficace le locazioni turistiche abusive.

Il CIN va richiesto dai titolari di immobili da affittare ai fini turistici e per le permanenze sotto ai trenta giorni. Il codice sostituirà l’attuale sistema utilizzato dalle banche nazionali per poter individuare le strutture ricettive.



Gli obblighi sugli affitti brevi: cosa va fatto?

Il CIN per gli affitti brevi non solo serve a contrastare gli appartamenti turistici abusivi, ma servirà anche per tracciare e ricavare le informazioni sugli immobili: di natura catastale; per individuare l’ubicazione; osservare la capacità ricettiva e recapitare le certificazioni sugli impianti.



Anche i clienti potranno accertarsi che la struttura ricettiva sia correttamente dotata di CIN grazie alla piattaforma del Ministero del Turismo. Il codice non solo dovrà essere esposto su ogni inserzione turistica ma dovrà risultare visibile anche al di fuori dell’appartamento.

Chi non adempie rischia una sanzione che va dagli 800 agli 8.000€, e chi invece ha il CIN ma non lo espone rischia una multa tra i 500 e i 5.000€. Naturalmente nonostante la misura sia già in vigore, i gestori avranno una tolleranza massima di 60 giorni prima di potersi regolarizzare senza ricevere sanzioni.



Un metodo di contrasto

Attivare il CIN per gli affitti brevi significa poter contrastare qualunque forma di abusivismo. Da anni un po’ di Regioni italiane avevano deciso di testarlo così da contribuire – su scala nazionale – all’evoluzione digitale.

I motivi per la quale il codice identificazione nazionale è diventato obbligatorio sono molteplici: sia per monitorare la fiscalità di chi mette in affitto degli immobili ai fini turistici, ma anche per combattere l’overtourism e il problema della crisi abitativa oramai oggetto di argomentazione annuale.

Piattaforme come Airbnb hanno favorito la richiesta turistica ma hanno complicato il monitoraggio degli appartamenti in affitto per gli “stranieri”.