Dopo lunghi cinque anni di indagine, il governo di Canberra ha reso noto oggi un rapporto choc del ministero della Difesa australiano contenente i crimini di guerra di cui sono accusate le forze speciali australiane durante il loro distaccamento in Afghanistan. Dall’inchiesta, come spiega Repubblica.it, sarebbe emersa una violenza senza precedenti ed il tentativo di coprire ogni violazione dei diritti commessa. Tra i tanti particolari che emergono dalle rivelazioni inquietanti anche quella secondo la quale i militari più giovani venivano obbligati dai propri sottufficiali ad uccidere i civili afghani “per sporcarsi le mani” per la prima volta. Una pratica chiamata “blooding” e che ricorda molto i comportamenti tipici della mafia o delle gang. L’indagine è stata condotta dal giudice militare Paul Brereton ed illustra 39 casi di omicidio di civili afghani in almeno 23 episodi mentre 25 membri delle Special Air Services australiane sono stati chiamati in causa come esecutori o mandanti delle violenze. Nessuno dei casi sarebbe avvenuto in battaglia e per questo, se confermato da una giuria, rientrerebbero nei cosiddetti “crimini di guerra”. In tutti i casi inoltre, i soldati sapevano perfettamente che le vittime non erano combattenti afghani.
SOLDATI AUSTRALIANI IN AFGHANISTAN ACCUSATI DI CRIMINI DI GUERRA
Dall’inchiesta choc è emerso come a capo delle azioni violente vi fossero quasi sempre sergenti considerati come “semidei” dai soldati. Ogni azione veniva coperta da segretezza e questo ha reso possibile mettere in atto indicibili abusi. “Erano affamati di sangue. Dei veri pazzi”, ha raccontato un militare. Secondo altre testimonianze, i sottufficiali mettevano le armi tra le mani delle vittime per giustificare la loro uccisione. Tali azioni, viene ribadito nell’indagine, sono state fortunatamente compiute solo da una minoranza di soldati impegnati nelle operazioni in Afghanistan ma nonostante questo il ministro della Difesa si è impegnato a punire in modo severo i responsabili ed al tempo stesso rivedere le norme e i controlli relativi alle Sas. Il primo ministro australiano, Scott Morrison, in una telefonata al presidente afghano, Ashraf Ghani, ha espresso le sue “più profonde scuse” e si è impegnato a “fare giustizia”. L’ex premier australiano Kevin Rudd, si è detto invece “disgustato” dal comportamento delle forze speciali australiane auspicando in punizioni a carico dei responsabili.