L’Afghanistan è un paese dimenticato, ma ora se ne torna a parlare a causa di un attentato terroristico che ha colpito Kabul: tre esplosioni vicino alla scuola maschile della comunità hazara (in passato la maggiore etnia afghana, ma a causa delle continue persecuzioni anche da parte dei talebani oggi rappresenta circa il 9% della popolazione), la Abdurahim Shahid High School. Sarebbero 25 gli studenti rimasti uccisi e decine quelli feriti.
È la dimostrazione, come ci ha detto in questa intervista Rony Hamaui, docente dell’Università Cattolica di Milano, esperto di geopolitica e di finanza islamica, che “l’Isis è ancora presente e continua a combattere il regime talebano. Non essendo i talebani in grado di controllare il territorio del Paese, questa guerra è destinata a durare chissà quanto”. Un paese devastato da una crisi umanitaria impressionante, sviluppatasi dopo la partenza degli americani: “Si parla del 95% della popolazione che soffre la fame, di migliaia di neonati morti alla nascita per malattie e per carenza di cibo. L’Afghanistan viveva degli aiuti occidentali, finiti i quali i talebani non sono stati in grado di costruire alcuna forma di sopravvivenza economica”.
Ed è un paese ormai isolato a livello internazionale: “Il Pakistan è ai ferri corti con il regime dei talebani: recentemente sono stati bombardati dei villaggi al confine come rappresaglia per l’uccisione di sette soldati pakistani in una imboscata nella regione tribale del Nord Waziristan. Neanche i cinesi, che all’inizio sembravano interessati, hanno costruito qualcosa di serio, né i talebani sono in grado di creare relazioni internazionali stabili”.
Un attentato terroristico ha colpito una scuola maschile a Kabul: questo significa che la guerra interna con l’Isis continua?
Assolutamente sì, non si è mai spenta e sarà molto difficile spegnerla. I talebani non hanno mai avuto un completo controllo del territorio, hanno vinto solo perché gli americani se ne sono andati, non hanno prevalso in una battaglia sul terreno. Tutto ciò che esisteva prima è rimasto, anzi è diventato ancora più forte.
La situazione del paese è drammatica. Tutta colpa della fine degli aiuti economici dall’Occidente dopo la fuga degli americani?
L’Afghanistan viveva di aiuti dall’Occidente e da altri Paesi. Questi aiuti sono venuti meno e i talebani non hanno capacità né forza sufficienti per riorganizzare il Paese. L’Afghanistan è un non-Paese dove la gente muore di fame. Un terzo delle famiglie ha perso l’intero reddito familiare, circa il 36% acquista cibo a debito, mentre il 24% ha dichiarato di averlo fatto in precedenza. Milioni di bambini sono obbligati a lavorare, o vivono per strada, senza cibo né protezione e in condizioni igieniche terribili. Molte famiglie li cedono in cambio di cibo. È una catastrofe di cui non si parla: quando non risultano interessi diretti le notizie finiscono in penultima pagina. È una situazione veramente drammatica, imbarazzante per noi occidentali.
L’Onu non dà alcun aiuto?
Che io sappia è tutto sospeso, se non per qualche piccolissima cosa. Questo dimostra come la fame non faccia cadere alcun regime, altro che sanzioni contro la Russia. In Afghanistan la gente muore di fame, ma non hanno più neanche la forza di ribellarsi.
La Cina ha recentemente convocato un meeting con la partecipazione di Russia, Iran, Uzbekistan, Pakistan, Tagikistan e Turkmenistan. Pechino è interessata all’Afghanistan?
È difficile dirlo. Il regime talebano non ha neanche la capacità di costruire delle solide alleanze. Anche per quanto riguarda l’Iran, è più probabile che sia solidale con l’Isis che con i talebani. È davvero difficile capire chi possa impegnarsi seriamente con Kabul.
Eppure Pechino mostrava un certo interesse a far passare la Nuova Via della seta per il corridoio cino-pachistano.
Il progetto della Nuova Via della Seta è ormai vecchio e superato, non se ne parla più. La Cina, come altri, cerca di avere una influenza regionale più che planetaria. E poi fa i conti con problemi seri, a partire dal Covid e dal fatto che 400 milioni di persone sono in lockdown. È come se un continente intero fosse in lockdown. La Nuova Via della Seta è diventata una utopia che non ha più ragione di esistere.
(Paolo Vites)
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