Sono ore purtroppo terribili quelle che dall’Afghanistan si propagano in tutto il mondo: l’attentato avvenuto all’ingresso dell’aeroporto più “attenzionato” del mondo in questi giorni, il “Karzai international” di Kabul, lascia senza fiato. Morti, feriti, disperazione e la sensazione che la parte sconfitta dei sunniti afghani – affiliati dell’ISIS – in un colpo solo abbiano voluto colpire tanto l’Occidente, quanto i Talebani al potere, e quanto purtroppo i normali civili ammassati per cercare di sfuggire a un Paese tornato sotto l’egida del fondamentalismo, anzi dei fondamentalismi (Isis, Al Qaeda e talebani).
Inevitabilmente, l’orrore di Kabul nasce da lontano e vede coinvolta anche la gestione tutt’altro che positiva della comunità internazionale e in particolare l’amministrazione Biden è sul banco degli imputati per la precipitosa “fuga” dal Paese, la sottovalutazione della presa di Kabul dei talebani e anche per l’ostinata contrarietà alle pressioni europee per estendere la data-deadline di uscita dal Paese mediorientale. Draghi all’ultimo G7, assieme a Macron, Johnson e Merkel, ha provato a convincere il Presidente Usa della necessità di estendere il dialogo anche a Cina, India, Russia e Turchia per risolvere il caos in Afghanistan: in questo senso, la richiesta di anticipare il G20 a settembre è stato il tentativo con cui il Premier italiano ha provato a “forzare la mano” non trovando per il momento il sì definitivo di Biden. Parte da qui il sottosegretario agli Affari Europei (ed ex Ministro) Enzo Amendola nella sua disamina sul Corriere della Sera, avvenuta prima dell’attentato all’aeroporto di Kabul.
IL J’ACCUSE DI AMENDOLA AGLI USA (E ALL’UE)
«Gli Stati Uniti avevano deciso di ritirarsi con l’amministrazione precedente e Biden ha confermato quell’accordo. Sono scelte in cui l’Europa è comprimaria, il cui risultato è un ritiro precipitoso, senza condizioni. Ed è la conferma di una tendenza che viene da lontano»: per l’esponente Pd l’agenda Biden è un passo avanti rispetto a quella di Trump, ma questo no toglie che gli Stati Uniti continuino a «scegliere i propri impegni geopolitici in base a priorità strettamente nazionali. Non lo fa certo sulla base di ambizioni comuni agli alleati occidentali. Con Biden un’agenda comune esiste, però le sue scelte nascono in America e per l’America». È netto Amendola nel condannare l’immobilismo delle istituzioni europee davanti alla crisi afghana, «l’Europa non può più stare a guardare aspettando le scelte degli altri». Secondo l’ex Ministro del Governo Conte-2, l’Italia compie a sua volta l’errore di occuparsi dei problemi geopolitici solo quando implicano eventuali arrivi di rifugiati nei nostri confini: per questo motivo, prosegue Amendola, «se vediamo le crisi internazionali solo attraverso questa lente, scordiamoci di diventare dei protagonisti sulla scena internazionale anche lontanamente paragonabili alla Cina o agli Stati Uniti. La nostra è la reazione di chi vuole essere un attore globale, ma non lo è». Tornando a Bruxelles, l’invettiva del sottosegretario è comunque puntata sull’Unione in quanto tale: «non ha una politica estera, questo è il dramma […] Siamo afoni, impauriti. Dobbiamo scrollarci di dosso questa paura». Secondo Amendola serve un esercito comune e pure una politica estera interamente europea, «l’idea di sovranità deve includere anche la protezione dei cittadini. Anche un esercito aiuta a contare fuori dai propri confini, a sostegno di un’azione diplomatica e di sicurezza. L’alternativa è aspettare che i fenomeni globali ci entrino in casa». Ultima critica di Amendola sulla Casa Bianca e su Biden, accusati di aver imposto un ritiro «precipitoso e senza condizioni».